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All’indomani dell’emanazione della Legge sull’autonomia differenziata, arriva la stroncatura da parte della Commissione europea che evidenza vari rischi, che richiamano (indirettamente) anche la regolamentazione sui giochi.
“L’attribuzione di competenze aggiuntive alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e per le finanze pubbliche”. No, non stiamo parlando di gioco. O forse sì, magari indirettamente. Sta di fatto che con queste motivazioni la Commissione europea ha bocciato l’autonomia differenziata, proprio nel giorno in cui il provvedimento è diventato legge, dopo la recente approvazione del Parlamento italiano. Nello “Staff working document” che accompagna le raccomandazioni specifiche per l’Italia (e che, tra le altre cose, lo scorso 19 giugno ha portato all’avvio della procedura d’infrazione per deficit eccessivo), l’esecutivo europeo ha spiegato tutte le perplessità sul provvedimento. In un paragrafo dedicato al Mezzogiorno e alle sue potenzialità da “sbloccare”, l’esecutivo Ue ha ricordato brevemente i termini della legge facendo riferimento al testo approvato in Senato a gennaio e al testo che fino all’altro ieri era in discussione alla Camera. Aggiungendo, tra le varie critiche, che l’autonomia “Aumenterebbe anche la complessità istituzionale”.
Come noto, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha appena promulgato la legge sull’Autonomia, ovvero il provvedimento recante “disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. La nuova legge – molto contestata dalle opposizioni – punta ad attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001. In 11 articoli vengono indicate le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Carta. Si tratta in sostanza di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’Autonomia nelle 23 materie indicate nel provvedimento.
Sono 23 le materie, tra queste anche la tutela della salute. Ci sono poi, tra le altre, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio Estero. Quattrodici sono le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione. Insomma, non stiamo parlando di gioco, ma è evidente che la Questione territoriale che caratterizza anche il comparto (e, in questo caso, anche più severamente rispetto ad altri settori) è diventata ormai una materia internazionale, o quanto meno comunitaria: tanto più alla luce dell’Autonomia differenziata.
Secondo Bruxelles, in effetti, “Mentre il disegno di legge attribuisce specifiche prerogative al governo nei negoziati con le regioni esso non fornisce alcun quadro comune di riferimento per valutare le richieste di competenze aggiuntive da parte delle regioni”. Inoltre – si legge ancora nel documento – “poiché i Lep (Livelli essenziali di prestazioni) garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori, vi sono rischi di ulteriore aumento delle disuguaglianze regionali. L’attribuzione di poteri aggiuntivi alle regioni in modo differenziato aumenterebbe anche la complessità istituzionale, con il rischio di maggiori costi sia per le finanze pubbliche che per il settore privato”.
La preoccupazione della Commissione è soprattutto per le disparità regionali tra Centro-nord e Mezzogiorno, che torna più volte nel rapporto, sottolineando ripetutamente la persistenza dei divari a più livelli, motivo per cui – afferma Bruxelles – “resta cruciale accelerare l’implementazione dei programmi della politica di coesione di regioni e ministeri, insieme ad rafforzamento della capacità amministrativa, a livello nazionale e soprattutto a livello territoriale”. Riflessione, questa, che sembra ben sposarsi con i lavori in corso tra governo e regioni sulla regolamentazione del gioco, che dovrebbero portare alle tanto attese gare per le concessioni del gioco terrestre. Di cui si è discusso ampiamente nelle scorse ore in occasione degli Stati generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.