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Quote più alte e conti offshore. Il boom delle agenzie di scommesse illegali della mafia

Viene usato un sistema parallelo tramite computer che consentono il collegamento a siti di scommesse con licenze di gioco ottenute in paradisi fiscali (Video, attività illegale)

Una scommessa è lecita solo se ve ne è traccia nei sistemi dei Monopoli di Stato. E funziona più o meno così: il giocatore va in una agenzia, riferisce le partite da giocare, l’addetto allo sportello digita la giocata attraverso una sorta di registratore di cassa, la Snai la trasmette a Sogei (il partner informatico del Ministero dell’Economia deputato al controllo del gioco) e se quest’ultimo dice che è tutto in regola rilascia l’autorizzazione a emettere lo scontrino. Che non è solo un promemoria. E’ il titolo valido per richiedere la riscossione dell’eventuale vittoria. Riporta obbligatoriamente un codice identificativo con il quale si può verificare sul sito dell’Amministrazione dei Monopoli se il tutto si è svolto correttamente. Ovviamente, l’agenzia legale per fare questo deve aver vinto una concessione rilasciata dall’Amministrazione dei Monopoli per la quale paga un canone di concessione calcolato sul numero di giocate registrate, oltre che sui redditi percepiti. Analogamente, chi preferisce giocare su un sito on line da casa può farlo solo attraverso quei portali autorizzati da Aams, ossia quelli che attraverso i service provider trasmettono al Totalizzatore Nazionale (che è la centrale di gioco della Sogei) ogni singolo movimento di soldi dal conto giochi.

A molti esercenti, però, questo sistema non conviene. Preferiscono di gran lunga quello offerto dalle mafie. Tant’è che in Sicilia la polizia giudiziaria ha documentato una lunga fila di concessionari regolari alla porta dei vertici dei mandamenti di Cosa nostra. Tutti a chiedere l’esclusiva sul sistema parallelo. Che invece è strutturato così: il giocatore va in un’agenzia legale e in qualche anfratto trova anche i terminali per le giocate illegali. Sono computer che consentono il collegamento a siti di scommesse con licenze di gioco ottenute in paradisi fiscali, Curacao e Malta principalmente. Significa che evadono le tasse in Italia e non sono soggetti al controllo dei Monopoli. La giocata, però, non viene registrata a nome del giocatore bensì a quella dell’esercente che materialmente paga la scommessa attraverso un conto giochi virtuale a lui intestato. Dopodiché rilascia un ticket che non ha alcun valore se non quello di ricordare quali sono le partite giocate e le eventuali vincite. Di tutto questo passaggio di soldi non lascia traccia. A rifornire di denari veri i conti virtuali ci pensano le mafie. Con soldi sporchi. Che diventano puliti in caso di vittoria.

Chi sono quelli che lo fanno?
Occorre fare una premessa. I concessionari regolari, per pubblicizzare la loro attività, si affidano ai cosiddetti «centri scommesse». Dovrebbero solo distribuire contratti di gioco e consigliare il giocatore su che cosa è meglio puntare. Non possono incassare

soldi per scommesse di gioco, tantomeno pagare vincite. Ed è invece proprio quello che fanno. Con il particolare, per niente irrilevante, che i siti di gioco su cui convogliano le scommesse non sono quelli legali dei propri concessionari ma quelli illegali legati alle varie mafie, chiamati comunemente «.com». I siti che convogliano le scommesse su questi server si chiamano piattaforme. E qui entriamo in un altro affare milionario. Perché ogni titolare di piattaforma fa a gara per imporsi come esclusivista in determinate aree. E il modo più efficace per ottenere il monopolio è quello di rivolgersi alla mafia. Lo spiega benissimo il pentito Sergio Macaluso in un interrogatorio del 13 febbraio scorso: «Il proprietario del sito doveva dare 200 euro al mese a Cosa nostra per ogni punto scommesse della sua piattaforma (BET 28) che apriva nella città di Palermo. Per esempio, nel mio mandamento di Resuttana, Ninì Bacchi ha aperto 17 punti scommesse garantendo un introito per le casse di Cosa nostra pari a 3400 euro al mese. L’altro sistema era che Bacchi dava la possibilità al titolare dell’agenzia di gestire un proprio autonomo pannello virtuale. In questo caso noi mafiosi avevamo una percentuale sui guadagni, mentre Bacchi prendeva il resto della vincita. In sostanza era una forma di società».

Il grande vantaggio per il giocatore è che quasi sempre tali siti offrono delle quote più alte rispetto al circuito legale. L’abbiamo verificato di persona a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Ma il sistema è diffuso un po’ in tutta Italia.
La concorrenza del mercato illegale è sfacciata. Proprio di fronte a una regolare agenzia ne troviamo un’altra che reclamizza eventi sportivi. Entriamo e chiediamo di scommettere su alcune partite della Premier league, della serie A e della serie B. La scommessa viene registrata a Malta tramite una piattaforma che appartiene a una società maltese a sua volta intermediaria di un’altra società sempre con licenza nell’isola, sconosciuta in Italia. Il vantaggio di giocare qui è evidente. Per la partita Manchester – Liverpool, ad esempio, la vittoria della squadra di Josè Mourinho è data a 3,05. Vuol dire che se punto 100 euro ne vinco 305. Nel circuito legale la stessa partita è quotata a 2,65. Non a caso ha la fila di giocatori fuori dalla porta.

«La beffa è che oggi, per come è strutturata la normativa italiana, a un criminale conviene prendere una regolare licenza nel nostro Paese» ci confida un ex operatore del settore che vuole restare anonimo. «Le faccio un esempio. Se io voglio evadere le tasse non devo far altro che creare una decina di clienti del gioco on line e accettare puntate su partite che la ragione di imprenditore mi dovrebbe spingere a rifiutare. In caso di partita Napoli – Genova nessuna sala scommesse accetterebbe puntate di un certo tipo sulla vittoria del Napoli. Invece io lo faccio, perdo perché devo pagare lo scommettitore ma quella perdita mi consente di non pagare le tasse, salvo poi farmi girare sottobanco la giocata incassata».

Fonte: CorriereTV

La Redazione

 

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