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Corte Costituzionale, Sentenza n. 27/2018: criticità e riflessioni

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.27 del 2018, ha inteso dare risposta ai quesiti formulati in ordine alla legittimità costituzionale dell’Imposta Unica sulle scommesse e i concorsi pronostici, tra i quali l’art.1, comma 66, lettera b, della legge 13 dicembre 2010, n.220 (legge di stabilità 2011), che recita: comma 66.

b) l’articolo 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché ́ in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni.
Secondo la Corte, il “comma 66” intende, dal punto di vista fiscale, rendere soggetti passivi dell’imposta unica anche i bookmakers esteri, privi di concessione italiana, nonché, al “punto b” di assegnare il termine di “Gestore”, sia al bookmaker, che alla ricevitoria (CTD) che opera in Italia per conto del bookmaker estero.

Si legge al punto 4.1.1.
“Allo scopo di realizzare tali finalità, il legislatore ha così esplicitato l’obbligo delle ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e delle relative sanzioni.”
Secondo la Corte, le ricevitorie non sono i soggetti passivi dell’imposta unica ma dovrebbero “versare” comunque l’imposta, facendo da tramite fra l’AAMS e i bookmakers esteri.

In particolare la Corte considera, al punto 4.2, fra l’altro, quali sono le competenze delle ricevitorie “Sebbene non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, il titolare della ricevitoria svolge una attività di «gestione» attraverso la propria organizzazione imprenditoriale. Esso assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta; si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure ed istruzioni fornite dal bookmaker.”
Nell’affermazione sopra citata, la Corte è consapevole che la ricevitoria (CTD) trasferisce l’intera somma dell’incasso e delle giocate al bookmaker estero. Quindi la ricevitoria non ha il potere e la possibilità di trattenere alcuna somma per il versamento dell’imposta.
Ad ogni modo secondo i Giudici Ermellini, avendo la ricevitoria un rapporto contrattuale con il bookmaker estero, inteso anche ad ottenere una commissione sul monte giocate, al punto 4.4. affermano che: “Attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, il titolare della ricevitoria ha la

possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera.”

Questa affermazione della Corte certifica innanzitutto che il carico tributario è di competenza esclusiva del bookmaker estero, che ne risulta quindi il soggetto passivo dell’imposta, e che quest’ultimo, nel momento del conferimento delle commissioni alla ricevitoria, potrebbe aggiungere anche le somme riguardanti l’imposta, affinché successivamente la ricevitoria le possa versare all’AAMS.

Per tanto, è del tutto evidente che la Corte assegna alla ricevitoria solo il compito di intermediario e non di soggetto passivo dell’imposta, considerando che, fra il bookmaker e la ricevitoria, si configura solo la traslazione dell’imposta.

In effetti la Corte afferma, fra l’altro, al punto 4.4.: “Con riferimento ai rapporti successivi al 2011, ossia alla data di entrata in vigore della disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), non sussiste, pertanto, la denunciata impossibilità di traslazione dell’imposta da parte del titolare della ricevitoria. Ne consegue la non fondatezza della questione relativa alla denunciata violazione dell’art. 53 Cost.”
Mentre al punto 4.5, fra l’altro, afferma, per il periodo antecedente al “comma 66/b”: Tali argomenti non sono replicabili con riferimento all’applicazione della disciplina in esame alle annualità fiscali antecedenti all’entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010.

In mancanza di una regolazione degli effetti transitori ed in considerazione della portata interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, tale disposizione è destinata ad applicarsi anche ai rapporti negoziali perfezionati prima della sua entrata in vigore. Tuttavia, rispetto a questa categoria di rapporti non può aver luogo la traslazione dell’imposta, giacché l’entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010. Deve essere pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella parte in cui prevedono che – anche nelle annualità d’imposta precedenti al 2011 – soggetti passivi dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse siano le ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione.

Ne consegue quindi che la Corte nel, punto 4.5 sopra citato, conferisce efficacia costituzionale “totale” al comma 66/b, anche per il periodo antecedente alla sua entrata in vigore (prima del 2011) affermando: In mancanza di una regolazione degli effetti transitori ed in considerazione della portata interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, tale disposizione “è destinata “ad applicarsi anche ai rapporti negoziali perfezionati prima della sua entrata in vigore.

Bisogna considerare che il comma 66/b, nel proprio testo, letteralmente, non differenzia i periodi precedenti e posteriori la sua entrata in vigore. Per tanto la Corte non avrebbe potuto affermare, come invece ha fatto, che il comma 66/b è incostituzionale “nella parte in cui prevede che le imposte siano dovute dalle ricevitorie anche per i periodi precedenti il 2010”, in quanto questa previsione non è letteralmente scritta nel testo del “comma 66/b.”

Invece la Corte, solo dal punto di vista applicativo, essendo stata investita dalle Commissioni Tributarie ad esprimersi per i periodi antecedenti al 2011, ha “imperativamente “affermato che la norma è “costituzionalmente non applicabile” in quanto, in virtù del particolare rapporto contrattuale, non risulta “sia più possibile la traslazione dell’imposta” fra il bookmaker estero e la ricevitoria, al momento dell’entrata in vigore della norma stessa, affermando:
Tuttavia, rispetto a questa categoria di rapporti non può aver luogo la traslazione dell’imposta, giacché l’entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010.

Deve essere pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella parte in cui prevedono che – anche nelle annualità d’imposta precedenti al 2011 – soggetti passivi dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse siano le ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione La Corte, pur considerando costituzionale la richiesta dell’imposta alla ricevitoria, come prevede il

comma 66/b, ha differenziato la sua applicabilità sulla scorta della sola “possibilità reale di traslazione contrattuale dell’imposta” fra il bookmaker e la ricevitoria.

Per cui, pur potendone fare a meno, la Corte ha voluto comunque dare, “ autonomamente “ una “indicazione imperativa”, nella sentenza, affermando la non applicabilità della norma per gli anni antecedenti il 2011, mentre ha lasciato liberi le Commissioni Tributarie e l’AAMS di valutare l’applicabilità della norma ( comma 66/b), alle ricevitorie, per gli anni successivi al 2011, “indicando comunque la condizione tecnico-giuridica” di valutazione che dovranno seguire che è “ la possibile ed avvenuta reale traslazione dell’imposta “ fra i bookmakers e le ricevitorie, ( che è situazione primaria e costituzionalmente condizionante ).

In conclusione, è del tutto evidente che, anche negli anni successivi al 2010, ( a partire dal 2011), stante la dubbia interpretazione della norma ( comma 66/b) nonché in considerazione di quanto affermato dalla Corte stessa, secondo cui ogni ricevitoria ha già versato l’intera somma delle giocate ai bookmakers esteri, non si è potuta attuare la condizione costituzionalmente necessaria ( reale traslazione dell’imposta fra i bookmakers e le ricevitorie ) per poter applicare il comma 66/b alle ricevitorie, chiedendo loro il versamento dell’imposta.

Pertanto, a nostro avviso, sia le Commissioni Tributarie, “in via di giudizio”, che l’AAMS “in autotutela” dovrebbero annullare tutte le richieste di imposte -anche post 2011- indirizzate alle ricevitorie ed indirizzarle invece esclusivamente ai bookmakers, in forza dell’obbligo solidale prevista dal “comma 66/b”.

Il tutto oggi a maggior ragione che i bookmaker esteri operanti in Italia nei periodi oggetto del caso esaminato hanno aderito alla procedura di regolarizzazione-emersione di cui alle leggi di stabilità 2015-2016.

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8.03.018, la Redazione

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