Una nuova e recente Sentenza depositata il 20 Giugno 2017 riapre il caso discriminazione dei bookmaker di fronte al Bando Bersani.
L’imputato, difeso dagli avvocati Marco Ripamonti e Giovanni Erroi era stato chiamato a rispondere del reato di cui all’art.4 legge 401/89, per avere raccolto scommesse in collaborazione con Goldbet Sportwetten gmbh, a far data dall’anno 2009.
I profili affrontati nella articolata pronuncia sono duplici: da una parte la questione autorizzatoria con riferimento alla richiesta di licenza 88 tulps e contenuti del diniego della Questura; dall’altra parte la questione riguardante la discriminazione eventualmente subita dalla società bookmaker a fronte del bando Bersani.
Su quest’ultimo tema – particolarmente rilevante ed attuale in vista del più ampio processo “Goldbet” in primo grado a Lecce, che vede coinvolti molti imputati, la cui ripresa si avrà in Settembre – la Corte d’Appello ha ribadito come il caso Goldbet vada equiparato al caso Stanley, avendo la società austriaca subìto una discriminazione da parte del Bando Bersani per via dell’applicazione dell’art.23 schema convenzione del bando, conclamata da una serie di pronunce di Cassazione, conseguite dall’avv.Marco Ripamonti in difesa di diversi titolari di CED, peraltro in applicazione dell’Ordinanza Pulignani – Zungri, con cui la stessa Corte di Giustizia aveva affermato la piena trasponibilità a Goldbet dei principi espressi nella sentenza Costa – Cifone.
La Corte d’Appello, dopo l’ampia ricostruzione del caso Goldbet, ritenuto “unico” assieme al caso Stanley quanto alla discriminazione “Bersani”, si dilunga poi sulla questione relativa alla richiesta di licenza 88 tulps da parte dell’imputato, che già condannato in primo grado, all’epoca dei fatti non aveva avanzato alcuna richiesta in proposito.
Tra gli altri argomenti di rilievo il mancato riconoscimento della carenza dell’elemento soggettivo del reato a fronte di tale mancata richiesta, seppure risalente al 2009.
In ciò ponendosi, la Corte salentina, in contrapposizione con diversa corrente giurisprudenziale della Corte di Appello di Firenze che, con sentenza 23.2.2017, ha affermato il principio opposto, escludendo la responsabilità anche in simili casi, laddove sussista un contrasto giurisprudenziale in punto discriminazione.
Una sentenza, comunque, in linea di principio rilevante nell’ambito del noto processo leccese, di cui diversi imputati potrebbero beneficiare.
Lo Staff: CifoneNews