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Slot e scommesse illegali. La camorra pagava 5 euro al giorno a prestanomi: 17 indagati, 7 arresti

Arrestati sette presunti appartenenti al clan D’Alessandro e sequestrate 6 attività commerciali tra internet-point e agenzie di scommesse tra Castellammare e Sant’Antonio Abate, dove sono stati anche trovati totem clandestini per effettuare le puntate. E’ quanto emerso dalle indagini dei finanzieri di Castellammare di Stabia, coordinate dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata (comandante colonnello Gennaro Pino) e dalla DDA. Alcune agenzie di scommesse erano intestate a tossicodipendenti e disoccupati ai quali la camorra dava 5 euro al giorno per fare da prestanome: erano utilizzate per riciclare i proventi illeciti frutto di scommesse clandestine e delle estorsioni. “In un appartamento nel quartiere generale del clan D’Alessandro un centro scommesse dove puntare per sfidare la fortuna e la cosca a Castellammare di Stabia. Slot machine in locali spogli e privi di luce, con un ventilatore per fare passare aria mentre i giocatori si accanivano alla ricerca della scommessa vincente. Sei gli info point direttamente in mano al clan d’Alessandro per riciclare i soldi del traffico di droga e reinvestire gli incassi del racket nei centri scommesse sequestrati” scrive Repubblica.

Le accuse a vario titolo contestate dagli inquirenti ai 17 indagati (sette dei quali arrestati) sono associazione per delinquere oltre che di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Nelle attività commerciali del clan finivano anche i proventi del “pizzo” imposto ai commercianti di quella zona a sud di Napoli, come quelle documentate in occasione del Natale 2021: il clan imponeva le estorsioni chiedendo ai negozianti denaro per i detenuti in cambio di gadget e materie prime per il commercio (buste e imballaggi) che spesso però neppure consegnava. Le agenzie di scommesse si avvalevano della collaborazione di broker – sia italiani, sia stranieri – delegati alla raccolta delle puntate clandestine che il clan D’Alessandro riciclava nelle sue attività imprenditoriali fittiziamente intestate a prestanome.

La Redazione

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