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CASO LECCE: ARRIVA IL DISTANZIOMETRO MA LE FORZE DELL’ORDINE GIOCANO D’ANTICIPO

Anche la Puglia prende le distanze al gioco lecito. Ed è un fatto. Ormai noto a tutti dopo l’entrata in vigore della legge regionale n.14 del 13 dicembre 2013, emanata per il “contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (Gap)”, la quale ha disciplinato, tra le varie misure, quello che in gergo è ormai indicato con l’espressione “distanziometro”.

Prevendendo, quindi, che l’autorizzazione all’esercizio delle sale da gioco e l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, Tulps, non deve essere concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da una serie di luoghi specificatamente individuati.

La legge, come noto, ha superato il vaglio della Corte Costituzionale ed è quindi da ritenere legittima a tutti gli effetti: quello che appare meno legittimo, tuttavia, è il modo in cui sembra essere applicata in questi giorni. Il testo approvato dalla Regione prevede infatti che per le autorizzazioni già esistenti la previsione produrrà effetti soltanto a partire da dicembre 2018. Se nel testo si legge nel testo che: “L’autorizzazione è concessa per cinque anni e può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza”, viene anche specificato che “Per le autorizzazioni esistenti il termine di cinque anni decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Quindi, non prima del prossimo 13 dicembre, stando alla data di emanazione ricordata in principio. Da qui la momentanea “tranquillità” di gestori ed esercenti attivi sul territorio, che hanno continuato regolarmente le proprie attività, salvo poi ritrovarsi una spiacevole sorpresa.

In particolare a Lecce, dove nei giorni scorsi, come ampiamente riportato dalla stampa locale, i Carabinieri hanno eseguito una serie di accertamenti in merito al rispetto delle distanze minime dai luoghi “sensibili” delle sale da gioco e degli esercizi dedicati ai giochi e alle scommesse. Fin qui niente di particolare se non fosse che gli accertamenti sono stati comunicati al Comune e alla Questura, per gli adempimenti del caso e di rispettiva competenza, e tra gli esercizi controllati risulta che diversi hanno avviato l’iter autorizzativo poi regolarmente perfezionato, ovvero hanno avviato l’attività in data antecedente all’entrata in vigore della legge regionale.

Una sorpresa, quindi, per tali esercenti, e neanche di poco conto, tenendo presente che l’inosservanza delle disposizioni è punita dalla legge regionale con una sanzione amministrativa pecuniaria da 6 mila a 10mila euro e nel caso di reiterazione si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione temporanea dell’esercizio dell’attività da dieci a sessanta giorni.

L’ITER NORMATIVO E LE ANOMALIE – Ma oltre al disorientamento, tra gli addetti ai lavori, si aggiunge anche l’immancabile beffa, rappresentata dalla concorrenza sleale operata dagli operatori illegali o non autorizzati. In questo contesto di “caos normativo”, nel quale l’iter, secondo le previsioni dell’intesa raggiunta in Conferenza Unificata del settembre scorso, avrebbe dovuto essere quello di procedere alla mappatura dei luoghi ritenuti “sensibili”, anche in vista dell’approssimarsi del mese di dicembre 2018 (ricollocazione degli esercizi dedicati secondo il criterio di una equilibrata distribuzione dell’offerta di gioco, tenendo conto della ubicazione degli investimenti esistenti), continuano infatti ad operare indisturbati i punti di raccolta di scommesse non autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nonostante le segnalazioni alle forze di polizia effettuate dagli esercizi autorizzati, come denunciano alcuni esercenti a GiocoNews.it.

Tanto più che nei giorni scorsi è intervenuta anche la circolare del Viminale (del 19 marzo 2018) la quale, applicandosi ai procedimenti amministrativi la cui istruttoria è ancora in corso, prevede che la Questura competente debba verificare, ai fini del rilascio delle licenza di polizia ex art 88 Tulps, anche il rispetto delle normative regionali o comunali in materia di distanze minime di tali attività dai luoghi considerati “sensibili”.

In conclusione, il quadro si presenta delicato sotto vari punti di vista tra i quali il coordinamento tra le istituzioni locali e l’allarmismo mediatico che ha portato ad apostrofare come “illegali” quegli esercenti che, al contrario, sono autorizzati in virtù di una concessione statale: col risultato di rendere ancor più indistinguibile agli occhi dei cittadini l’offerta di gioco legale da quella illecita. Finendo quindi col fare un favore notevole agli evasori, o peggio ancora alla criminalità organizzata che può nascondersi dietro alla gestione di punti di gioco irregolari. Suscitando così l’ira funesta di quegli operatori legali che da anni si confrontano con un’illegalità diffusa e che non intendono più rimanere inascoltati. Fonte: GiocoNews.it

18.04.2018
Maria Castellano, Giorn. FreeLance 

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