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Sembra che le esperienze del passato contino veramente poco: neppure ciò che successe in luoghi lontani come l’America con i suoi anni di proibizionismo relativi all’alcool, evidentemente, hanno fatto breccia nelle menti che, oggi, vorrebbero applicare “questa formula” al mondo del gioco d’azzardo. Dopo che lo Stato ha “faticato” per anni per rendere ufficiale e legale il gioco sull’italico territorio sembra che, ora, se ne voglia disfare a mezzo del suo “consenso silente” per le ordinanze restrittive che vengono messe in campo per ostacolare le attività ludiche. E questo “non volendo ricordare” evidentemente che queste attività agiscono in forza di una concessione governativa rilasciata proprio dallo stesso Stato che sta cercando di “disconoscere i propri figli”. Ma tant’è!

Quindi, piano piano, dopo l’effetto espulsivo che ha “preso piede” in tanti territori e che tanti guai sta procurando a tutta la filiera, in questi giorni il settore ludico si è trovato a constatare quali saranno i “primi passi” del novello Governo nei suoi confronti: ci si confronta con il Decreto Dignità che sta “riscuotendo successo” per il fatto di contenere il divieto assoluto di pubblicità al gioco d’azzardo. Studiato e caldeggiato dal vice Premier Luigi Di Maio che lo ritiene uno strumento indispensabile per la tutela della salute dei giocatori e di tutto il territorio, e sostenuto da alcune tesi che potrebbero anche essere discutibili.

Ora, dopo le promesse e le premesse pre-elettorali, ci si trova con un bel divieto di pubblicità al gioco che le imprese, particolarmente quelle online, non hanno gradito per nulla sentendosi discriminate nei confronti degli operatori senza autorizzazione che potranno continuare, imperterriti, nei loro percorsi commerciali costellati da pubblicità più o meno “pressanti” che arrivano ovunque e per chiunque. Chissà cosa si riuscirà a rispondere a quegli stessi operatori che seguono le normative vigenti, versano tasse, danno introiti all’Erario ed in più che non possono pubblicizzarsi, considerando che questo rimane l’unico mezzo per farsi conoscere e far apprezzare le proprie offerte. Sarà una gran bella matassa ingarbugliata che darà un gran da fare alle associazioni di categoria che già devono lottare contro “l’effetto espulsivo” del gioco terrestre che negli ultimi tempi sta dando loro parecchio da fare!

Anche qui parliamo di divieto non in modo aperto, come per quello che riguarda la pubblicità, ma certamente un modo per non far avvicinare al gioco tutti coloro che invece lo desiderano “incrociare”. Ma sembra che il nostro italico Paese sia improntato sui divieti in generale e, di conseguenza, pare che l’italico popolo non sia in grado di comprendere cosa è bene e cosa è male senza che vi sia un “dictat imperativo” che insegni loro la strada. Quel che è peggio è che nel Decreto Dignità pare emergere l’illegittimità della proposta di legge dal punto di vista della coerenza normativa: il provvedimento si presenta come un evidente ostacolo per le ordinarie attività, andando a determinare la chiusura di attività commerciali come pure l’uscita di scena di investitori internazionali nel nostro bel Paese.

Ciò, peraltro, è già stato segnalato da diverse aziende all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli particolarmente dalle società che hanno appena partecipato al bando di gara per il rinnovo delle concessioni di cui ancora oggi si attende l’aggiudicazione definitiva: si chiede di uscire immediatamente da questa situazione prima ancora di essere entrati sul mercato, poiché non si può proseguire il piano di lavoro costruito proprio attorno a quella gara. Ed a questo punto, poi, si innescherà un altro problema relativo alla disoccupazione. Argomento questo ultimo che dovrebbe toccare “in prima persona” lo stesso Di Maio nella sua qualità di rappresentante del dicastero del Lavoro.

Di conseguenza, “problema chiama problema” e già il nuovo Esecutivo si trova di fronte ad una bella “gatta da pelare” e con un solo decreto di divieto: figuriamoci quando dovrà iniziare nuovi ragionamenti per la regolamentazione totale del gioco pubblico! Apparentemente, e si spera sia proprio apparentemente, il novello Governo sembra non voler considerare gli aspetti regolamentari relativi alla tematica del gioco, e si ostina a proseguire in una linea “tecnicamente proibizionista” anche se dichiara apertamente che non lo sia: ma lo stesso Esecutivo non dovrebbe neppure ignorare, quando parla di gioco, che esiste ancora oggi una enorme offerta di gioco illecito (e quindi privo di concessioni) che rappresenta una sorta di “concorrenza sleale” per gli operatori leciti ed un rischio alquanto concreto per i giocatori. L’unico strumento in mano all’industria del gioco lecito, che non bisogna dimenticare agisce in nome e per conto dello Stato centrale che ha rilasciato concessioni in tal senso, è proprio quello vietato della pubblicità per poter far distinguere la propria offerta lecita da quella illegale.

In realtà, con le norme vigenti prima del Decreto Dignità, solo un operatore di gioco legale può fare promozione sui media, negli stadi, agli eventi ed altri mezzi pubblicitari, mentre gli stessi canali “dovrebbero” essere inibiti ai soggetti privi di autorizzazione. E questo dopo che per anni questi mezzi di comunicazione sono stati “teatro di scorribande infinite” da parte degli operatori illegali che hanno spaziato con spot e richiami al gioco “senza alcuna remora” e solo dopo una fatica improba per instaurare un controllo decente sulle sponsorizzazioni. Invece, oggi, siamo giunti al divieto assoluto di pubblicità ai giochi e questo vorrebbe dire rendere indistinguibili agli occhi del giocatore l’offerta legale da quella illegale e proprio sui “territori” che il nuovo Governo ha promesso di salvaguardare. Sembra una sorta di “suicidio politico” e non solo economico che porterebbe con sé derive su più fronti, compreso quello dell’occupazione che non si può certo dire che sia argomento “da poco”. Ma l’Italia sembra tornata ad essere il Paese dei divieti e delle proibizioni: stiamo andando avanti o tornando indietro?

La redazione

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