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La globalizzazione non risparmia le mafie che investono nel gioco

Quando si tratta di fare business, le mafie sono pronte ad allearsi e mettere insieme le forze, esatta- mente come qualunque altra impresa. Anche all’estero, se serve. In questo modo, i vari clan importa- no in aree geografiche differenti i metodi d’azione che si sono rivelati più proficui, e si espandono sempre più nei settori di maggiore interesse. Come il traffico di stupefacenti e il gioco d’azzardo.

È l’allarme che lancia la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione sulle attività svolte nel secondo semestre 2016: queste «forme di collaborazione potrebbero essere perpetuate anche in relazione al gioco illecito, dove i Casalesi, ad esempio nelle periferie di Roma, sembrano aver acquisito un particolare knowhow nella gestione condivisa con altre consorterie di questo fruttuoso settore».

Ma lo stesso fenomeno si registra anche in Puglia in particolare nei settori delle slot e del gioco online – dove «segnali sul territorio portano a non escludere potenziali contatti e sinergie tra la criminalità garganica, lucerna, sanseverese e cerignolana con le ‘ndranghete calabresi».

E questi legami si creano anche quando delle cellule di un clan si spostano in regioni lontane da quelle di origine, e mettono il proprio know-how a disposizione dei gruppi locali, senza perdere i con- tatti con quelli di origine. Succede ad esempio in Liguria, dove si sono insediati una serie di esponenti del clan camorrista Tagliamento (collegato al clan Zaza): questi si

sono trasferiti in Costa Azzurra, ma sono «tutt’ora punto di riferimento oltre che della criminalità marsigliese anche di quella partenopea operante nel comprensorio di Sanremo». E anche in questo caso le sinergie hanno consentito di man- tenere il controllo nelle scommesse clandestine e nel gioco in legale, oltre che nel traffico internazionale di stupefacenti, nell’usura e nelle estorsioni.

Ma nel suo report, la Dia traccia una vera e propria cartina geografica delle famiglie malavitose, evidenziando Regione per Regione, a volte persino Comune per Comune, quali sono i clan in attività e i settori controllati. Il gioco d’azzardo – assieme ad altre attività economiche come «la grande

distribuzione alimentare, l’immobiliare, la logistica e i trasporti, l’import- export» è diventato uno dei settori strategici per il riciclaggio, soppiantando i vecchi canali «dell’edilizia, del ciclo degli inerti e della ristorazione».

I clan cercano ovviamente di man- tenere il controllo del territorio d’origine, ma poi creano anche delle cellule in altre Regioni, e an- che in questo caso i giochi si con- fermano uno dei settori di maggiore interesse. Emblematico il caso dei Casalesi che hanno creato «insediamenti significativi in Emilia Romagna, Toscana, e Lazio». A questo proposito, nel Lazio «una menzione particolare merita il settore dei giochi e delle scommesse», business «di primario interesse del clan»- Ma nel Lazio – in particolare nella zona sud-est della Capitale – si è radicata anche la famiglia Pagnozzi, di stanza tra Benevento e Caserta. «Fatti giudiziari del recente passato ne hanno accertato l’operatività nel quartiere Tuscolano, nelle piazze di Centocelle, Borghesiana, Pigneto e Torpignattara, con riferimento allo spaccio di stupefacenti e al gioco in  lecito».

E ancora, a Roma sono a tutt’oggi attivi anche ex militanti della Banda della Magliana, nei settori degli stupefacenti, delle sale

scommesse, del gioco d’azzardo e degli investimenti immobiliari. Ma i clan sono arrivati anche in Regioni che fino a oggi si pensava fossero immuni, come il Friuli Venezia Giulia. «Anche il tessuto economico del Friuli Venezia Giulia  commenta la Dia – non può più considerarsi immune da tentativi di infiltrazione della camorra soprattutto sotto il profilo economico-finanziario».

Qui, almeno per il momento, il gioco non è però settore di investi- mento, ma vittima inconsapevole. Nel report si richiama infatti un’operazione che i Carabinieri hanno condotto insieme alla la Polizia Criminale di Nova Gorica: «L’attività è nata da una richiesta di collaborazione internazionale da parte della Slovenia, dopo il sequestro nel- le case da gioco di quel Paese di banconote false», e ha portato all’arresto di 3 persone di origine cinese. I soldi falsi erano stati prodotti in Campania, «dal cosiddetto Napoli Group».

 

Di Gioel Rigido – Riceviamo da TS e pubblichiamo

 

Lo Staff: CifoneNews

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