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LA TASSA SULLA FORTUNA E LE CRITICITÀ RISPETTO AL DIRITTO EUROPEO

L’analisi sul prelievo aggiuntivo ad alcune tipologie di gioco disposto dalla Manovra correttiva 2017 e le sue criticità rispetto ad alcuni giochi.

Da 1° ottobre 2017 è entrata in vigore la “tassa sulla fortuna”, una sorta di prelievo aggiuntivo applicato allorquando viene realizzata una vincita al gioco. In particolare, gli incrementi del prelievo hanno interessato i seguenti giochi e scommesse: la percentuale unica sul gioco del Lotto, che è stata aumentata all’8 percento, mentre finora era prevista nel 6 percento, allo scopo, sembra, di armonizzare la misura del prelievo sulle vincite di tale gioco a quella applicata per altri tipi di gioco; è stato applicato alle vincite relative agli apparecchi Vlt (“Videolotteries”, disciplinate dall’art. 110, comma 6, lettera b), Tulps), per le quali il prelievo sulla parte della vincita eccedente 500 euro è stato raddoppiato dal 6 al 12 percento.

L’aumento si applica anche al Gratta e Vinci e ai giochi, pure se a distanza, relativi alle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, al Win for life, mentre per la versione Gold, ossia per le vincite di 10.000 euro al mese, la tassa mensile da pagare è di 600 euro, al Videolottery, al Vinci Tutto Superenalotto, all’Enalotto e Superstar.
Restano escluse dalla tassazione le scommesse, poker e casinò online, il bingo e le slot machines, per le quali la vincita non può mai superare però 100 euro.

Il maggiore gettito previsto dagli aumenti appena scattati ammonta a 36 milioni nel 2017 e a 322 milioni di euro annui nel triennio, così che nelle casse dello Stato dovrebbe in tale periodo entrare oltre 1 miliardo di euro. La propensione degli italiani al gioco non demorde, ma è certo che chi vince fa godere il fisco e chi perde l’organizzazione del gioco!
L’unica evidente finalità di tale nuovo prelievo sul gioco appare quella di incrementare le entrate erariali, senza nemmeno considerare che la materia si presta anche ad altre valutazioni che riguardano il risvolto etico-sociale, con ricadute che attengono all’ambito della dipendenza dal gioco e a profili di politica criminale.
È bene ricordare che il Preu è un tributo che ha carattere omnicomprensivo di qualsiasi imposizione, assimilabile ad una forma anomala di imposta sostitutiva. Esso non considera quale soggetto passivo il giocatore-vincitore, che risulta essere solo la parte incisa per effetto della traslazione economica del tributo sostenuto dall’organizzatore, ma è imperniato sul sistema dell’organizzatore del gioco.
Considerato il criterio di ripartizione dei proventi delle giocate, tra quanto destinato ai giocatori e la parte costituita dal tributo e dai compensi dei soggetti coinvolti nell’organizzazione, risulta comprensibile l’inesistenza della rivalsa nel contesto che vede inquadrato il fenomeno nell’ambito della disciplina del monopolio dei giochi e delle scommesse.
Con tale intervento normativo, il legislatore non ha voluto risolvere le questioni che si pongono per effetto della sempre più estesa transnazionalità e dell’utilizzazione strumentale di meccanismi telematici di svolgimento dei giochi e di erogazione delle vincite, che possono dar luogo a doppia imposizione, ovvero a sottrazione impositiva illecita di prelievo derivante dalla difficoltà di imposizione dei proventi del gioco lecito che si conseguono con gli apparecchi elettronici. In altri termini, si può verificare che le vincite realizzate in Italia sono sottratte all’imposizione diretta per un particolare meccanismo di sostituzione soggettiva ed oggettiva, mentre se sono ottenute da giochi praticati in uno Stato membro dell’Unione Europea da un soggetto residente in Italia confluiscono nel reddito complessivo e sono soggette ad imposizione progressiva.
Per quanto riguarda le vincite realizzate presso le case da gioco situate in Italia e nei Paesi membri dell’Unione Europea, esse non concorrono a formare complessivo imponibile del vincitore, per effetto dall’art. 69, comma 1-bis del Tuir, introdotto dall’art. 6 della Legge 7 luglio 2016 n. 122, in attuazione della nota sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 22 ottobre 2014 (Cause riunite C-344/13 e C-367/13. Caso Eu Pilot 5571/13/Taxu).
La distonia, anzi la confusione, segnalata non sembra giustificabile se si considera che tutti codesti proventi provengono sempre dal gioco d’azzardo.
L’Ocse è intervenuto sulla tassazione dei giochi a distanza, ma solo allo scopo di evitare che i relativi proventi sfuggissero a tassazione.
In definitiva, l’attuale normativa nazionale sulla tassazione dei giochi presenta non pochi elementi di criticità in ordine alla compatibilità con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea, ed in particolare: per il sistema delle vincite ottenute con le slot machine situate negli Stati membri, avuto riguardo alla restrizione discriminatoria della libera prestazione di servizi; per il trattamento tributario delle vincite conseguite mediante gli apparecchi elettronici di gioco lecito e quello delle vincite presso le case da gioco.
Rimane quindi aperta la questione riguardante la tassazione dei giochi online, verosimilmente anche a causa della complessità della disciplina, dell’incertezza relativa alla localizzazione del reddito prodotto dai bookmakers o dai gestori dei giochi stranieri, considerato che il radicamento fiscale in territori esteri deborda spesso in paradisi fiscali.
Scritto da Sebastiano Cristaldi dottore commercialista e revisore legale 
Lo Staff: CifoneNews

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