“Le organizzazioni criminali sono riuscite a entrare nell’azzardo non solo perché girano un sacco di soldi, ma perché la normativa, dal 2003 ad oggi presenta molte falle, nelle quali le mafie hanno saputo inserirsi e adattarsi in modo tale che la loro presenza non fosse notata o, addirittura, legalizzata attraverso prestanome”.
Lo ha denunciato, stamattina, Stefano Vaccari, coordinatore del X Comitato della Commissione parlamentare antimafia, intervenendo alla presentazione a Roma del dossier promosso dal Cnca su “azzardo e mafie”.
Vaccari, dopo aver citato l’indagine “Black Monkey” della Dda Bologna, incentrata su Nicola Femia, ha ricordato i cinque ambiti delle 23 proposte del X Comitato della Commissione antimafia di modifica normativa: “Barriere all’ingresso, revisione delle sanzioni penali e amministrative, rafforzamento delle misure anti-riciclaggio per la tracciabilità delle vincite, politiche antimafia e ruolo delle autonomie locali, una nuova governance del settore”.“Il gioco d’azzardo costa sicuramente moltissimo alla collettività e certamente molto di più di ciò che crea, quantomeno in materia di socialità, aggregazione e legalità”.
È una riflessione contenuta nel dossier “Gioco sporco, sporco gioco.
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Azzardo e mafie:
“costi altissimi per la collettività e gravi fatti di sangue”. In tutto il Paese coinvolte nel malaffare “persone, professioni, imprese”
L’azzardo secondo le mafie”, promosso dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) e presentato oggi a Roma. Il dossier ricorda anche i “gravi fatti di sangue nei confronti di soggetti appartenenti alla filiera del gioco”, determinati dai forti interessi criminali che
muovono il settore, e riporta alcuni procedimenti le cui indagini sono state portate a compimento nell’ultimo anno.
“Tra il 2012 e il 2013 – ricorda il senatore Stefano Vaccari, componente della Commissione parlamentare antimafia, nella postfazione del dossier – l’indagine ‘Rischia-tutto’ della Dda di Napoli e l’indagine Black Monkey della Dda di Bologna (scaturita dall’inchiesta del giornalista Giovanni Tizian ancora sotto scorta) , hanno messo in luce chiaramente queste capacità:
il reimpiego e il riciclaggio attuato dal clan Schiavone in rami di impresa in vario modo collegati al gioco, operando massicci investimenti nel territorio di Caserta e in Emilia Romagna, oppure tramite l’escalation economica di Nicola Femia (oggi primo pentito illustre della ’ndrangheta) che ha preso il via dalla provincia di Ravenna attraverso l’abusiva raccolta del gioco online impiegando siti web illegali, ovvero con la disseminazione di apparecchi truccati e dislocati in tutta la Regione”.
Emerge con forza anche da questo settore economico, “il rapporto stretto che le mafie hanno saputo costruire in tutto il Paese, senza per forza aver bisogno della politica, come in alcune regioni del nord, ma coinvolgendo persone, professioni, imprese utili al raggiungimento dei loro obiettivi criminali”.
Il dossier si conclude le proposte di modifica normativa rivolte al legislatore, da parte della Commissione parlamentare antimafia, relative a cinque diversi ambiti di intervento – barriere all’ingresso; revisione delle sanzioni penali e amministrative; rafforzamento delle misure anti-riciclaggio per la tracciabilità delle vincite; politiche antimafia e ruolo delle autonomie locali; una nuova governance del settore – e i contenuti dell’intesa Stato-Regione, in sede di Conferenza unificata, in merito al settore azzardo.
Lo Staff: CifoneNews