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Pubblicità negata: Chi informerà i giocatori sui marchi legali?

 

Forse, ancora ad oggi, il mondo del gioco pubblico non conosce bene il novello Governo Giallo-Verde, forse i due schieramenti, ma particolarmente uno quello del Movimento Cinque Stelle, sembra che del gioco ne facciano una “questione personale” e non italica: forse, gli operatori del gioco non si considerano quei “mostri” che sono riusciti a cambiare il modo di divertirsi del popolo italiano, convincendolo a spendere “tutti i propri risparmi nelle macchinette” o, forse ancora, non ritengono di essere stati, come addetti ai lavori, coloro che hanno provocato il gioco problematico con tutte le sue derive. O, per ultimo, forse si sarebbe dovuto prima di prendere decisioni e provvedimenti importanti per le tantissime imprese che di gioco vivono, valutare con coscienza i pro ed i contro, nonché le esigenze ed i diritti di tutti i protagonisti del mondo del gioco d’azzardo pubblico.

In questo senso, e per sottolineare questi “forse” e ben valutarli, quello che si può comprendere è che la creazione e la messa in campo del Decreto Dignità, particolarmente per quel che riguarda il divieto assoluto di pubblicità ai giochi, è stato fortissimamente voluto da un interlocutore che agli operatori del gioco appare cieco e sordo perché non ha voluto perdere tempo a confrontarsi con le esigenze del settore ludico, delle sue imprese e dei suoi addetti ai lavori perseguendo l’obbiettivo di eliminare tutta la pubblicità del gioco, eseguita con qualsiasi mezzo, e di tutto ciò che vi gira attorno. Il Ministro Di Maio ha proseguito con questo atteggiamento proibizionista nel percorso che aveva annunciato in campagna elettorale, ma spiazzando veramente tutti con il provvedimento del Decreto Dignità. É riuscito a rendere basiti le imprese e gli imprenditori che ancora credono nel gioco, ma che dopo questo provvedimento qualche “dubbietto” lo avranno senza ombra di dubbio in modo particolare per il loro futuro.

Quando è “girata” la notizia del divieto, il mondo dei giochi si è guardato l’un l’altro domandandosi che forse era meglio abolire e proibire il gioco tassativamente, cancellandolo con un colpo di spugna: tanto il risultato sarà assolutamente identico. E l’altra domanda alla quale bisognerebbe rispondere, particolarmente il vice Premier Di Maio potrebbe essere: “Chi informerà i giocatori della novità del settore ed indicherà i marchi ed i brand leciti? Come farà il giocatore a scegliere tra gioco lecito e gioco illegale? Chi farà informazione anche sulla ludopatia?” E non solo. Agli operatori del gioco nasce, poi, spontanea un’altra riflessione generale che riguarda tutte le imprese: vietare la pubblicità del gioco via web significa far chiudere i siti di gioco legale poiché la stessa è il solo mezzo attraverso il quale i concessionari del gioco a distanza possono svolgere l’attività delegata dallo Stato.

Ma tant’è e siccome al “peggio non c’è mai fine” si legge che lo Stato da un lato vieta tutta la pubblicità ai giochi e nel contempo, dall’altro per andare al recupero dei mancati introiti derivanti dalla pubblicità stessa, tassa ulteriormente le vincite delle apparecchiature da intrattenimento, riducendo ancor di più (perché quello in essere non è ancora abbastanza) le vincite di quei giocatori che proprio lo Stato ritiene a maggior rischio di ludopatia e, quindi, vuole proteggere. Questa sarebbe la “brillante idea o temeraria soluzione” per arginare il fenomeno del gioco problematico? Possibile che chi ha emesso il divieto non si renda conto di un punto essenziale che riguarda la ludopatia?

Chi detiene una concessione pagata profumatamente allo Stato, per proporre in vendita i suoi prodotti di gioco, non si arricchisce certamente se i suoi utenti “si ammalano”, oppure si “rovinano” per giocare. Il gioco, per primo, ha interesse che sia tutto trasparente e sicuro e le competenze degli addetti ai lavori devono essere utilizzate per favorire una migliore regolamentazione del gioco stesso, in modo che vada bene per tutti. Le “porte in faccia”, i divieti, i distanziometri, le fasce orarie non faranno “un favore ai giocatori problematici” come certamente non lo stanno facendo al settore ludico che crea tanti posti di lavoro, ma non favoriscono neppure le casse dello Stato.

Ma faranno persino male anche ai giocatori che trovano nel gioco lecito la forma di sano divertimento ed intrattenimento per i quali il gioco esiste: giocatori che, sbandati e confusi potranno anche cadere, non essendoci più il mezzo pubblicitario che aiuta loro nelle scelte sul lecito od illecito, anche vittima delle organizzazioni criminali che ritorneranno ad offrire il gioco illegale, allettante, ingannatore come ha fatto per tanti anni. Questo porterà danni economici più che rilevanti e convoglierà anche tanto danaro nelle casse delle varie Mafie che si arricchiranno ancora di più ed avranno, quindi, forza maggiore per competere con il gioco online legale.

Bello questo “obbiettivo” raggiunto dai vari provvedimenti restrittivi! Complimenti a tutti gli estensori e per primo, naturalmente, al vice Premier Di Maio che ha voluto mostrare la “parte di forza” del nuovo Esecutivo: altro che intervenire per la salute dei cittadini. A chi la vuole dare ad intendere? Se lo scopo effettivo del divieto della pubblicità è quello di “non rimangiarsi le promesse elettorali” sarà come un boomerang: ed a rilanciarlo saranno quelle risorse che a causa di questo divieto si troveranno in mezzo ad una strada insieme a tanti altri soggetti che non riescono da anni a trovare lavoro. Mentre il settore ludico con tutte le sue “zone d’ombra” è riuscito a creare un bell’esercito di dipendenti: sereni, soddisfatti, professionali e sicuri di prendere lo stipendio. Almeno sino a qualche mese fa, ora non si sa.

La Redazione

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