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Videogame, antiterrorismo britannico contro un gioco

Sono 120mila i posti di lavoro a rischio nel mondo dei Giochi

Distanziometri, fasce orarie, riduzione di apparecchiature da intrattenimento, personale più professionale nelle sale giochi, sale giochi più consone alla socializzazione, decreti, divieti di pubblicità: tutti cambiamenti ed adeguamenti ad un mondo del gioco che sta inevitabilmente murando, che aveva assunto il “ruolo di fenomeno” e che secondo chi ci governa aveva necessità di essere maggiormente controllato, ridotto e regolamentato e, perché no, persino proibito ed espulso da alcuni territori. Ora, con tutti questi adeguamenti fatti “senza ombra di dubbio” nell’interesse dei vari territori e dei cittadini, la filiera del gioco è alle corde, allo sbando e senza un futuro programmabile, ammesso che ne abbia ancora uno: ma dei 120mila posti di lavoro a rischio nel mondo dei giochi qualcuno ha fatto di conto?

Qualcuno, prima di intervenire in qualsiasi modo e per “salvaguardare qualsiasi cosa”, ha pensato ad un piano B per “salvaguardare i posti di lavoro di qualcun altro”? Apparentemente, sembra proprio di no visto che il Presidente di Confindustria in questi giorni ha richiamato l’attenzione di chi di dovere sul numero alquanto ingente di posti di lavoro a rischio nel settore dei giochi!Confindustria chiede di essere ascoltata relativamente a questa problematica importante che va ad aggiungersi alla “disoccupazione normale” che pervade il nostro Paese da tempo e della quale non si riesce a trovare una pur minima soluzione.

Certe decisioni, forse, si “dovevano forzatamente prendere” nei confronti del gioco d’azzardo legale perché lo stesso, dopo essere stato creato, sospinto e caldeggiato dallo Stato, era pure scappato di mano nella sua distribuzione: ma a prescindere dalle decisioni intraprese e da quelle che si stanno prendendo, è ovvio che il Governo debba dare una risposta coerente agli oltre 120mila dipendenti che operano nel comparto e che tra breve non potranno farlo più. E non solo: il Governo ha il dovere di risolvere un’anomalia che discende dal principio che sembra voler essere quello di andare a chiudere le imprese di gioco, pensando così di poter risolvere il comportamento patologico di taluni giocatori.

Questo, oltre ad essere insensato, è assolutamente pericoloso agli occhi degli investitori nostrani od esteri che vogliono ancora operare nel nostro bel Paese: bisogna considerare le conseguenze che si stanno materializzando sempre di più sul nostro territorio, cioè la mancata occupazione del personale delle imprese di gioco al quale il Governo non è riuscito a sottoporre un “eventuale piano B” per la relativa occupazione quando le imprese di gioco legali AAMS chiuderanno. Queste 120mila risorse si troveranno a vagolare sul territorio in cerca di quel lavoro che nessuno riesce a trovare, indipendentemente che i Governi cambino colore e si susseguano al comando delle “nostre persone”.

Che si muova, poi, anche il Presidente di Confindustria, che è il numero uno della principale rappresentanza industriale del Paese, è sintomo che la disoccupazione settoriale ludica è un problema veramente complesso che vede questo settore sempre più emarginato e colpito dalla politica e dalle azioni governative. Anche perché la credibilità di un Paese passa sempre per la quota di occupazione che riesce a garantire: e nel caso del gioco, quello di sacrificare posti di lavoro senza raggiungere uno scopo definito, né sociale, né politico, né di salvaguardia di alcuni giocatori problematici, è veramente un “affaraccio”. Diverso naturalmente sarebbe risolvere le anomalie che caratterizzano il settore: e con questo obbiettivo anche Confindustria è disponibile ad offrire il proprio contributo che potrà consentire al Governo centrale di raggiungere quegli obbiettivi che dovrebbe ricercare in modo concreto ed efficace.

Confindustria non può stare “alla finestra a guardare” lo sfacelo di un settore che è stato ritenuto una colonna portante dell’economia del nostro Paese: si sta assistendo ad un’industria (del gioco) i cui titolari devono quasi vergognarsi nel raccontare il mestiere che svolgono e questo è un paradosso ed una incongruenza contro i principi ed i valori di un (qualsiasi) Paese. Il settore del gioco, da parte di Confindustria, è sempre stato guardato con senso di divertimento e positiva creatività di nuovi prodotti: questo rappresenta il mondo dei giochi ed andrebbe guardato con occhi pieni di rispetto per tutte quelle imprese che hanno investito per anni in questo business di Stato, acquistando concessioni rilasciate dallo stesso e ritenendo così di essere in una “botte di ferro”: certamente, un tempo essere una “riserva di Stato” come il gioco, rappresentava qualcosa.

Ora, chiaramente, non più: il gioco, anche i casino online, è abbandonato a sé stesso, anzi abbandonato e lasciato in balìa del volere e potere delle Regioni e degli Enti Locali, così come anche i dipendenti delle sue imprese che aspettano una risposta sul loro futuro. Centinaia di migliaia di famiglie che non riusciranno a “sbarcare il lunario” perché il Governo centrale non riesce a decidersi sul gioco sì, gioco no, gioco forse… E probabilmente, anche le famiglie ed i dipendenti del settore del gioco dovranno domandarsi: abbiamo mangiato ieri, mangiamo oggi e domani? Forse… Ed a rendere ancora più realistica questa attuale situazione ci si è messo il Decreto Dignità, con il relativo divieto di pubblicità ai giochi: prima di tutto per il modo inconsueto in cui è stato disposto che, indubbiamente, ha sorpreso un po’ tutti per la sua celerità ed “interezza interpretativa” e, poi, poiché è avvenuto senza alcuna possibilità di dialogo o di confronto preventivo.

Se si pensa al grande lavoro che la vecchia Legislatura aveva messo in cantiere in Conferenza Unificata, proponendo soluzioni o strumenti alternativi, bisognerebbe che l’attuale Governo tenesse presente questi sforzi, cercando collaborazione con chi si è sempre reso disponibile allo scopo di trovare soluzioni efficaci, sostenibili nell’interesse generale e della collettività. Non si dovrebbero prendere iniziative “dittatoriali” che avranno l’unico scopo di mettere ancora più in ginocchio un certo tipo di imprese di gioco, particolarmente del segmento online, con il conseguente licenziamento di altre risorse che si uniranno al già considerevole numero di 120mila unità che formano un enorme “esercito di disoccupati”.

La Redazione

 

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