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Grand National, la protesta degli animalisti inglesi contro l’ippica. Nel 2023 già 50 cavalli morti

Il Regno Unito in queste ore è sotto i riflettori non solo per l’incoronazione di Carlo III a re ma per le proteste degli animalisti contro l’ippica, da sempre passione dei reali e dell’Upper class inglesi. Come riporta l’Agi da inizio anno sono già una cinquantina i cavalli morti nelle corse del Regno Unito. Nel mirino c’è soprattutto il Grand National, la corsa a ostacoli più famosa del mondo. L’ultima battaglia è andata in scena il 22 aprile ad Ayr, nell’edizione scozzese della gara: la polizia ha fermato 24 manifestanti che protestavano per la morte del cavallo Oscar Elite, soppresso dopo essersi fratturato una zampa durante una delle prime gare dell’evento. Una settimana prima, nel Grand National inglese ad Aintree, a nord di Liverpool, avevano perso la vita altri tre cavalli in una 175ma edizione segnata da furiose proteste che hanno portato a 118 fermi e al ritardo di un quarto d’ora della gara più attesa dell’intera stagione ippica.

Il Grand National Festival è un evento che si snoda su tre giornate che culminano nella corsa più attesa: una quarantina tra i migliori purosangue che partono tutti insieme per percorrere 4,5 miglia (all’incirca 7km) con ben 30 ostacoli da superare che in alcuni casi raggiungono i due metri da terra per la presenza di fossati. Un appuntamento unico per la sua spettacolarità ma pericoloso per i fantini e, soprattutto, per i cavalli. Ad Aintree gli attivisti di Animal Rising hanno accolto i 70.000 spettatori con volantini e striscioni con la scritta “puoi scommetterci, muoiono”: il riferimento è al massiccio giro di soldi che gira attorno all’evento, con oltre 100 milioni di euro soltanto per le scommesse online.

La protesta era stata preannunciata da uno dei leader del gruppo, John Lockwood: “Stiamo dicendo alle persone di tenere in mente che quando scommetti sul Grand National, ci sono cavalli che in quella corsa hanno più probabilità di morire che di vincere”. I manifestanti hanno invaso la pista a due minuti dalla partenza della gara finale e si sono legati agli ostacoli, prima di essere portati via dalle forze dell’ordine applaudite dagli spettatori. Un totale di 118 persone sono state arrestate per la turbativa dell’ordine pubblico e i danni causati al circuito.

L’Autorità ippica britannica (BHA) ha assicurato che si indagherà sulle cause degli ultimi incidenti in pista ma ha sottolineato come nell’ultimo ventennio siano stati fatti molti passi avanti in termini di sicurezza, grazie agli investimenti e alle modifiche nel regolamento. Tuttavia al momento le posizioni appaiono inconciliabili: da una parte gli animalisti che rimproverano agli appassionati del Grand National di “sostenere a parole di amare i cavalli” per poi restare indifferenti di fronte a episodi che “dovrebbero sconvolgere tutti”. Dall’altra il mondo dell’ippica che accusa proprio i manifestanti per alcuni degli ultimi incidenti mortali avvenuti dopo che le proteste avevano ritardato le gare. È il caso dell’addestratore di Hill16, l’animale morto nella corsa del 15 Aprile: “Coloro che si definiscono amanti degli animali sono in realtà ignoranti che non hanno idea del benessere dei cavalli”, ha denunciato Sandy Thomson.

Sulla questione è intervenuta anche l’influente Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), la più importante onlus britannica per la difesa degli animali, la quale ha chiesto un nuovo piano per rendere l’ippica più sicura, salvaguardando i 50.000 purosangue del Regno Unito. Tra le misure suggerite ci sono la riduzione del numero di cavalli in gara e il divieto dell’uso del frustino.

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