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Kentucky Derby, 7 cavalli morti in pochi giorni. Sospetto doping, aperte le indagini

Proteste contro l’ippica e le morti di cavalli da corsa oltre oceano. Sette cavalli morti dal 27 aprile a oggi durante gli allenamenti e nel corso della 149esima edizione del Kentucky Derby, una delle più celebri competizioni ippiche riservate ai purosangue inglesi di tre anni. La tragedia riapre le tante polemiche sul trattamento degli animali e pone forti interrogativi sul doping a pochi giorni dell’entrata in vigore di un codice normativo molto severo sul tema. Intorno all’ippodromo Churchill Downs di Louisville, nello stato americano del Kentucky, le autorità hanno deciso di aprire un’inchiesta, date le circostanze misteriose e sospette dei sette decessi. Wild on Ice, Take Charge Briana, Code of Kings, Parents Pride, Chasing Artie, Chloe’s Dream e Freezing Point, questi i nomi dei purosangue morti improvvisamente sul tracciato o infortunatisi gravemente per una caduta, e poi soppressi. Cinque di queste morti sono avvenute durante gli allenamenti nell’arco di soli sei giorni, altre due per via di cadute in circostanze non del tutto chiare proprio nel weekend di gara. Il portavoce dell’Horse Racing Integrity & Safety Authority ha riferito che per via delle ferite riportate sul tracciato “non hanno potuto far altro che sopprimere gli animali”. Dalla clinica equina non sono state date ulteriori spiegazioni circa le cause dei decessi, e del perché gran parte di questi cavalli siano stramazzati dopo una sola curva o ancora prima di partire dai blocchi. Chi per infarto, chi per cadute improvvise e svenimenti, chi per collasso e conseguenti infortuni riportati.

“La trasparenza per noi è un valore importante, per mantenere tanto la credibilità quanto la sicurezza delle corse. Siamo preoccupati ed esprimiamo le nostre condoglianze per tutti coloro che si sono presi cura e amavano questi animali”, dicono i responsabili di Churchill Downs, ma evidentemente le parole non bastano. “Incidenti e morti inaccettabili, ci sentiamo responsabili nei confronti di tutti gli appassionati”, hanno aggiunto alle prime dichiarazioni, motivo per il quale è stata aperta un’indagine dalle autorità locali. “Non ha senso – hanno detto gli allenatori – Abbiamo sotto mano oltre 4mila cavalli ed episodi del genere non si sono mai verificati”. Intanto uno di loro, Saffie Joseph, allenatore 36enne di Parents Pride e di Chasing Artie (entrambi condotti dallo stesso fantino) è stato sospeso dagli organizzatori del Kentucky Derby. La sospensione proibisce a Joseph e a qualsiasi altro allenatore da lui impiegato, di iscrivere cavalli alle corse in tutte le piste di proprietà di Churchill Downs. “Abbiamo deciso di sospenderlo a tempo indeterminato fino a quando le circostanze non saranno chiarite. Ci sono delle preoccupazioni ragionevoli per tante morti così sospette in pochi giorni. Non può trattarsi di mera fatalità”, hanno ammesso gli organizzatori.
Il 22 maggio, pochi giorni dopo la Preakness, altra gara di primo piano per l’ippica statunitense, considerata la seconda della Tripla Corona (formata da Kentucky Derby, Preakness e Belmon Stakes), è prevista l’entrata in vigore di un nuovo codice antidoping, fino a questo momento rinviato per i continui ricorsi delle parti in causa. I sospetti delle morti improvvise ricadono tutte lì, dal momento che non capita raramente che i cavalli e i vincitori stessi di queste competizioni vengano sospesi in un secondo momento dopo la positività riscontrata nei controlli antidoping. Inevitabile che gli attivisti si siano subito mossi in difesa degli animali, rialimentando le polemiche su uno sport sempre più in crisi.

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