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Londra, l’Alta Corte concede a Julian Assange possibilità appello contro estradizione negli USA

Negli Stati Uniti rischia fino a 175 anni di carcere o addirittura la pena di morte per violazione dell’Espionage Act, una legge contro gli atti di spionaggio. Oggi l’Alta Corte di Londra ha dato il via libera all’istanza della difesa del giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks, Julian Assange – respinta in primo grado – per un ulteriore, estremo appello di fronte alla giustizia britannica contro la consegna alle autorità d’oltre Oceano.  Inoltre i giudici londinesi hanno stabilito che gli Stati Uniti avranno tre settimane per fornire garanzie che, una volta negli Stati Uniti, Assange potrà godere del Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che tutela la libertà di espressione, e che non avrà trattamenti diversi, visto che è un cittadino australiano. L’Alta Corte ha anche chiesto che, in caso di condanna, la pena non sia una condanna a morte.

“Se non ci saranno queste garanzie” dice un estratto della decisione dei giudici citato da BBC News, allora ad Assange “verrà concessa la facoltà di fare appello e quindi ci sarà un’udienza per l’appello”.

Assange era stato incriminato nel maggio del 2019 dagli Stati Uniti, che lo accusano di aver violato i siti del suo governo e di aver divulgato documenti contenenti i registri delle guerre in Afghanistan e Iraq, oltre che comunicazioni diplomatiche del 2010. Nel gennaio del 2021 il tribunale penale di Londra aveva rifiutato la richiesta di estradizione nel paese, citando le condizioni di salute di Assange, che soffriva di depressione e che secondo gli psichiatri che lo avevano visitato in carcere aveva tendenze suicide. Nel giugno del 2022, dopo altri ricorsi, la ministra dell’Interno britannica Priti Patel aveva infine approvato la sua estradizione, dandogli però possibilità di fare ricorso. Se la Corte accetterà la sua richiesta di appello, comincerà un nuovo processo nel Regno Unito, mentre se la rigetterà Assange potrebbe in teoria fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, cosa che metterebbe in pausa il processo di estradizione.

La Redazione


   

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