“Ribot non galoppava, volava. Ribot era venuto al mondo con un fisico molto ordinario, non certo bello, anzi un po’ sgraziato, ma aveva una qualità unica e forse irripetibile: a ogni ispirazione immagazzinava 26 litri d’aria, il 30 per cento in più di un normale cavallo da corsa. Era una caratteristica anatomica che lo accomunava a Coppi grazie a una cavità toracica più profonda. E poi aveva cuore e cervello. Tutti i cavalli hanno muscoli e polmoni per correre ma il cuore serve per lottare e il cervello per vincere e Ribot aveva un grande cuore e un’intelligenza straordinaria, oltre a una leggerezza ineguagliabile. Ribot non galoppava, volava”. E’ andata in onda ieri, martedì 5 dicembre, la prima puntata dello speciale Sky Original sul leggendario purosangue che rese orgogliosa l’Italia nel secondo dopo guerra. Sedici vittorie e mai una sconfitta dal 1954 al 1956, il Campione dei tre anni. Nel pieno del boom economico, Ribot fa sognare l’Italia intera diventando un fenomeno internazionale: nel suo palmares figurano infatti due delle corse più prestigiose al mondo, un King George and Queen Elizabeth stakes e due Arc de Triomphe consecutivi. “Ribot l’imbattibile” è un racconto corale – in cui spicca la voce di uno dei fantini più famosi e vincenti al mondo, Frankie Dettori – condotto dal giornalista di Sky Sport Francesco Pierantozzi. Nonostante nasca in Inghilterra, a Newmarket, il 27 febbraio del 1952, Ribot è considerato una vera eccellenza italiana: era infatti di proprietà della scuderia Razza Dormello Olgiata di Federico Tesio, uno dei più importanti allevatori di purosangue della storia dell’ippica italiana, il “creatore” di Ribot, colui che scelse a tavolino la madre e il padre ottenendo un incrocio portentoso. “Tesio – spiega Bruno Grizzetti, allenatore galoppo – già allora aveva girato tutto il mondo per identificare qual era il posto migliore per poter creare una razza nuova. Tesio è il Leonardo da Vinci dell’ippica mondiale, un uomo che è riuscito a creare una razza che oggi rappresenta il 75-80% delle linee di sangue di tutto il mondo. Una cosa incredibile, insomma”. “Ribot – racconta Mario Berardelli, storico e giornalista – è stato il capolavoro assoluto di Federico Tesio, io direi anche della grande ippica italiana, del grande galoppo italiano, in un momento post-guerra in cui l’intero Paese rialzava un po’ la testa”.
Quando si parla delle galoppate vincenti di Ribot è impossibile non parlare anche del legame con il suo fantino, Enrico Camici, uno dei tanti nomi illustri dell’ippica pisana, che lo guidò fin dalla prima vittoria, il 4 luglio 1954 a Milano. Un connubio speciale tra due eccellenze italiane. “Il nostro rapporto col cavallo – spiega Frankie Dettori – è che devi essere tutt’uno con lui, tu devi rispettare lui e lui deve rispettare te. Comunichi con il linguaggio del corpo e attraverso le redini, devi diventare suo amico, cercare di entrare nella sua testa, così lui obbedisce ai tuoi ordini: quando gli dici di rallentare rallenta e quando gli dici di andare più forte, accelera. Quella lì è la tecnica di un bravo fantino, in fondo noi siamo un po’ gli psichiatri dei cavalli”.
Quando morì, il 30 aprile 1972, cominciò la sua seconda vita, quella della leggenda: Ribot, il cavallo più forte del secolo, Ribot l’imbattibile.
La Redazione