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Le agenzie di scommesse ai tempi del Covid-19. “Non c’è più niente su cui scommettere!”

All’epoca del Covid-19 si sta azzerando un movimento che genera giri d’affari enormi: le scommesse. “Non c’è più niente su cui scommettere”, dicono sconsolate le agenzie di betting nazionale. Questo significa che non c’è più niente da guadagnare, né da lavorare. È un altro degli effetti collaterali del coronavirus sulla qualità delle vite e dell’economia. Nello sport, sono già emerse, per esempio, questioni come la sopravvivenza economica dei lavoratori delle arene e degli stadi chiusi, oppure di tutti piccoli commercianti che gravitano intorno a un evento. La crisi dell’industria delle scommesse è un’altra faccia del problema. Siamo di fronte all’azzeramento quasi totale di un movimento che genera giri d’affari enormi. Senza contare che, con le sospensioni delle manifestazioni in corso, diventa complicato capire come pagare le scommesse già fatte. Una situazione mai successa prima e imprevedibile. “Non si sa che cosa fare” hanno raccontato diversi bookmaker, ci son norme che coprono praticamente ogni eventualità, ma questa era una situazione altamente imprevista.

Probabilmente si dovranno considerare interventi specifici a seconda di come si comporteranno le singole federazioni: ci sarà chi annullerà tutto, chi proclamerà comunque dei vincitori, chi aspetterà ancora. Non si saprà se accettare ancora scommesse per gli eventi che riprenderanno. Insomma, un disastro. In Italia, per esempio, le agenzie rimarranno chiuse almeno fino a maggio. Come si può andare avanti così, senza niente su cui scommettere? Non funziona meglio in altri Stati, ovviamente. Che la pandemia da Covid-19 avrà pesanti conseguenze economiche sul futuro questo è ovvio. Al momento si tratta di capire quando tutto finirà.

In Italia il settore delle scommesse ha già subito grossi sconvolgimenti. Lo Stato ha fatto danni ingenti; non di meno i bookmakers che hanno approfittato di piccoli titolari di agenzia, dando loro le briciole, riducendoli in miseria dopo che questi hanno investito gli ultimi risparmi della vita, magari quelli della loro famiglia. Il 70% di queste agenzie erano ex punto Com, passati al punto It dopo aver pagato allo Stato una sanatoria di 10 mila euro, rischiando peraltro, cartelle esattoriale salatissime, da 30 mia ai 100 mila euro. E tutto questo per essere legali! Le prospettive di questi piccoli imprenditori, sarà (mi auguro di no) ritornare a lavorare come in precedenza.

Ugo Cifone

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