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Razzante (Aira): “Divieto pubblicità dei giochi paradossale”

“Un controsenso paradossale. Da una parte si frena la delocalizzazione, dall’altra con la norma che vieta alle società di gioco di fare pubblicità, si spingono le stesse società ad andare all’estero. Senza parlare delle ricadute occupazionali”. Il professor Ranieri Razzante, presidente dell’Aira (Associazione Italiana dei Responsabili Antiriciclaggio), esprime tutto il suo scetticismo sul divieto alla pubblicità dei giochi, contenuto nel Decreto Dignità. E – in un’intervista alla Notizia – Razzante spiega che “non è dimostrato scientificamente che ci sia una relazione tra pubblicità e ludopatia. Certamente non è indotta dalla pubblicità, così come l’alcolismo. Non è che se vedo la pubblicità dell’amaro, bevo più amaro”.

Ma per il presidente dell’Aira il problema è soprattutto che il divieto contrasta con il principio della libertà d’impresa prevista dalla Costituzione, e questo principio “permette e deve permettere di fare pubblicità, specie se questo qualcuno è concessionario dello Stato”. Il paradosso di questa misura è che “Ai fini antimafia e antiriciclaggio le società italiana dei giochi sono le più controllate d’Europa” ma, “alle società legali e attente viene tolta la possibilità di gareggiare sul mercato”.

In sostanza, si finirà con il favorire la concorrenza straniera che “verosimilmente non verrà toccata dal provvedimento”. E ancora, “se io sono un ludopata, mi rivolgerò alle bische della criminalità, andrò alle videolottery controllate dalle mafie oppure su siti abusivi”.

Le società italiane invece si troveranno di fronte a un bivio: il fallimento o la delocalizzazione. “se io non posso pubblicizzare i miei prodotti, fallisco e creo disoccupazione. Parliamo di 130mila e oltre addetti del settore” commenta Razzante. Oppure, “molte nostre società si delocalizzeranno andando a fare loro pubblicità all’estero. Altre utilizzeranno siti all’estero così da aggirare il problema. Forse pochi lo sanno, ma la maggior parte della pubblicità del gioco avviene tramite siti internet che non sono controllabili, ed un vero e proprio spamming sui nostri pc”. Ma alla fine, il divieto di pubblicità “rischia di colpire solo la pubblicità legale. Non risolviamo la questione dell’online, siccome questo tipo di pubblicità non sembra interessata dal divieto. E aggiungo: un divieto di pubblicità ingannevoli esiste già. I nostri Monopoli di Stato esercitano controlli persistenti su spot e siti illegali”.

Ma la norma del decreto Dignità rischia anche di innescare lunghi contenziosi per i contratti pubblicitari già siglati: “non è specificato chi paga nel caso in cui i contratti dovranno essere rescissi” osserva Razzante. “Ci potrebbe essere un enorme danno indiretto e nemmeno si sa chi dovrà farsene carico”. Inevitabile aspettarsi una pioggia di ricorsi contro il divieto: “Credo che già siano stati preparati. È un provvedimento che potrebbe andare contro la libertà d’impresa, previsto dall’articolo 41 della Costituzione”.

Razzante non nasconde di nutrire forti dubbi sulla costituzionalità della norma: “Anche perché si è intervenuti con un decreto legge, altra grossa stranezza”. E conclude, “Lo Stato deve prevenire la ludopatia, certo, ma non vietando la libertà d’impresa”. /Fonte: Agimeg

A. Bargelloni

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