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Roma, Enada Workshop: parlano i presidenti delle associazioni italiane di gioco legale

Presenti alla seconda edizione dell’Enada Workshop di Roma i presidenti delle associazioni italiane di gioco per discutere della necessità di riordino del settore. A tal proposito Emmanuele Cangianelli di Egp Fipe ha dichiarato: “Il riordino del settore dei giochi si deve fare e dobbiamo fare di tutto affinché sia realizzabile. Va fatto semplicemente perché dopo venti anni ci sono luoghi comuni che la politica non riesce a superare. Servono distanziometri dai ‘luoghi comuni’ non dai luoghi sensibili. Basti considerare solo l’importanza del gettito che si lega al tema della sicurezza dell’offerta e della legalità. La questione è di metodo. Non possiamo andare avanti a bozze. Si dovrebbe adottare il metodo della consultazione pubblica nella quale ogni parte interessata può intervenire con le proprie idee e contributi. Tutte queste proposte messe insieme dal regolatore pubblico deve portare alla redazione di un testo”.

A fargli eco  Gennaro Parlati, di SGI, secondo il quale il settore deve fare un passo avanti: “Il riordino dovrebbe rappresentare la consacrazione del settore. Si dovrebbe mettere a frutto tutto il lavoro fatto negli ultimi 20 anni. Chi meglio di un barista può individuare un giocatore problematico? Non certo un telefonino… Determinati approcci normativi vanno fatti nella globalità. Ora dobbiamo avere la forza di fare il salto di qualità per pretendere una riforma altrimenti non potremo farlo mai più” ha concluso.

Secondo Emilio Zamparelli di STS FIT  “Quella tra tabacchi e giochi è una collaborazione fondamentale iniziata dal dopoguerra. Il gioco legale è nel nostro Paese considerata una attività importante per i numeri che realizza. Ultimamente purtroppo si combatte il gioco in maniera indistinta, senza distinzione tra legale e illegale. Quello che manca è un po’ di memoria per capire i passi fatti nel nostro Paese. Con il nostro lavoro abbiamo tolto entrate alla criminalità, dimentichiamo che le scommesse legali ci sono sempre state ma prima venivano raccolte nella clandestinità. Diamo valore alla rete legale altrimenti l’illegalità prende il sopravvento. Aiutiamo le aziende a poter operare. Le fasce orarie sono fuori dal tempo in un momento in cui le distanze sono annullate dalla tecnologia. Non si considera il fatto che in un momento in cui le attività chiudono e le città si desertificano sia la politica ad imporre la chiusura delle attività sane”.

La Redazione

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