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La neonata ass. Cigo in audizione al Senato sul decreto gioco: “Chiediamo un tavolo di lavoro comune a favore del gettito e del libero mercato”

La neonata associazione Cigo, concessionari italiani gioco online, costituita lo scorso 6 febbraio rappresentata da Remo Fiori ha partecipato alle audizioni in Senato sullo schema del decreto sul gioco online.

“L’associazione rappresenta tutti gli operatori italiani, approva il complesso del provvedimento, anche se alcuni punti sarebbero da modificare perché vanno in contrasto con i principi del provvedimento stesso. Il decreto contiene delle previsioni che rischiano di compromettere una parte importante del mercato. Le scelte economiche e finanziarie e il costo della concessione – affermano i rappresentanti dell’associazione – oltre alle norme escludenti le skin, rischiano di produrre effetti indesiderabili sul mercato. La proposta invita all’aggregazione tra operatori di gioco per accedere al bando ma è una strada per noi non attuabile.

La skin è la diversa possibilità che il concessionario ha di proporre la propria offerta. A fronte di 93 concessionari esistenti, quelli effettivamente operanti sono 75, appare evidente che con le condizioni previste dal decreto solo 25-30 potranno accedere ai bandi. Si sceglie di far accedere pochi a discapito di altri. La riduzione degli operatori vedrebbe una riduzione del mercato ingiustificabile anche contro gli stessi interessi dello Stato e a discapito della qualità dell’offerta. Il costo così alto della concessione rappresenta un unicum italiano non trovando riscontro in alcun altro paese europeo.

L’associazione CIGO chiede – concludono – la ricerca di soluzioni che permettano alle piccole e medie imprese di poter continuare ad operare ed eliminare le criticità insite nel decreto che potrebbero portare ad un annoso contenzioso. Chiediamo inoltre l’apertura di un tavolo di lavoro comune con i soggetti interessati per individuare soluzioni condivise a favore del gettito e del libero mercato.

Ricordiamo che i grandi operatori che potranno partecipare al mercato sono rappresentati da fondi esteri e quindi la PMI ne esce sicuramente schiacciata. Non solo. Con il decreto dignità non si può fare pubblicità in Italia per questo molti operatori esteri che inizialmente avevano preso la concessione si sono ritirati. Dei 75 operatori attivi circa 20 operano con numeri molto bassi al fine di mantenere vivo il diritto alla concessione ma non hanno produzione di gettito erariale. Per quanto riguarda le skin e la condivisione – conclude Cigo – al momento ci sono molte skin che andrebbero normate e trovare un punto di incontro al fine di far pagare la skin ad ogni operatore trovando un vantaggio economico pubblico ma abbassando il costo delle concessioni. Dal documento, partendo dalla riduzione dei 7 milioni una tantum e altri correttivi si possono incassare altri 700 milioni a favore dello Stato. L’aggregazione prevista dal testo senza possibilità di fare skin, porta molti operatori a chiudere, l’utilizzo del proprio marchio facilita il mantenimento dell’impresa”.

La Redazione

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