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Processo GoldBet, Ripamonti: “la sentenza Costa-Cifone è quella che fa la differenza, non si può prescindere dai suoi contenuti”

Volge al termine il processo che, dal 2010, vede Ugo Cifone e altri 26 imputati accusati di essersi associati tra loro al fine di commettere il delitto di esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse raccolte in via telematica sul territorio nazionale attraverso una rete di agenzie affiliate al bookmaker estero GoldBet Sportwetten Gmbh.
Venerdì 15 marzo, in fase di istruttoria dibattimentale, al tribunale di Lecce sono stati ascoltati i testimoni e gli imputati che lo consentissero. Fondamentale per la ricostruzione della vicenda GoldBet la testimonianza di Giulio Marinelli, avvocato e consulente dell’imputato Stefano Nesti ai tempi dell’acquisizione della totalità delle quote dell’azienda nel 2010. Interrogato dall’avvocato difensore Marco Ripamonti, Marinelli ha chiarito a grandi linee i passaggi dell’acquisizione delle quote dalla vecchia holding di proprietà Tavarelli- Ivanovic a GoldBet e il modus operandi del bookmaker austriaco risultato da subito “discriminato”.

“Nesti ci incaricò di fare una valutazione sulla società – ha dichiarato in aula l’avvocato fiorentino – ma soprattutto sul mercato italiano. Bisognava valutare se la concessione rilasciata dall’autorità austriaca fosse valida anche per il mercato italiano. Era il periodo in cui c’erano già conflitti sulle regole che disciplinavano la gestione di rilascio dei concessori nei diversi paesi comunitari. Arrivammo alla conclusione, analizzando le sentenze di Corte europea che la società doveva ritenersi, già da allora, discriminata. Il tutto fu confermato dalla chiusura del bando Bersani e dalla sentenza Cifone. Le conseguenze della nostra valutazione furono riflesse immediatamente sull’operatività della società”.

Dalla testimonianza di Marinelli ne è uscito un profilo della GoldBet pulito e coerente. “La prima scelta che si fece fu quella che nessun ctd potesse essere aperto se non sottoposto al vaglio della Questura, uno, per tutelare l’azienda dal punto di vista giuridico e due, per evitare il rischio di contaminazione mafiosa. Di fronte al diniego della polizia la società non concedeva l’operatività. Tuttavia, per far valere la discriminazione che noi ritenevamo esistente, impugnavamo i dinieghi relativi alla concessione ex art. 88 Tulps”. E ancora Marinelli ha spiegato: “Per un bookmaker che opera online c’è bisogno di controlli serrati, monitoraggio sulle transazioni. Nel 2009 il problema ludopatia era embrionale quindi la società non adottò provvedimenti in tal senso nonostante ci fossero già avvertenze sul pericolo del gioco d’azzardo”. 

Si dice soddisfatto l’avvocato Ripamonti che a margine del processo ha dichiarato: “la sentenza Costa-Cifone è quella che fa la differenza e questi sono processi che non possono prescindere da i suoi contenuti. Per quanto riguarda poi la posizione di Cifone nel processo è marginale perchè ha operato con la società in forza di un contratto successivo ai fatti. Sotto certi profili la sua posizione esula anche dalla vicenda. La sua collaborazione con GoldBet è limitata a un periodo di tempo molto perimetrale, per questo non potrà mai essere chiamato a rispondere né per fatti precedenti né successivi.

D. Pellegrino

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