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Emilia Romagna: il gioco d’azzardo gestito dalle cosche a Bologna

Sette miliardi e mezzo estinti nel capoluogo emiliano nel 2016. Un numero destinato ad aumentare, dato che nel 2015 i miliardi giocati sono circa 6,9. Come ha riportato Repubblica, i veri tarli sono le slot machine, le video lotterie, siti per il poker online, il lotto, superenalotto, le lotterie e persino le scommesse ippiche.

Un business che accresce il numero di giocatori patologici, ma specialmente un capitale nelle mani della criminalità organizzata, come segnala l’associazione “Mafia sotto casa”, che ha appena divulgato un filmato sulla tematica, incitando gli abitanti a premere per estrarre i dati pubblici ad ogni Comune e bar. Per il 2016 in tutta l’Emilia Romagna, si parla di sette miliardi e mezzo bruciati e quasi sei miliardi vinti, con la differenza distribuita tra Stato e amministratori.

Una parte del bottino finisce nelle mani delle mafie. Infatti, secondo Gaetano Alessi, co-fondatore dell’associazione le cosche hanno sempre amministrato il gioco d’azzardo nella regione emiliana, così come le altre organizzazioni criminali che hanno istaurato una specie di accordo mafioso. Un passo definitivo l’ha compiuto il processo Black Monkey, terminato lo scorso febbraio.

“Una sentenza molto rilevante – ha dichiarato Alessi – in quanto ha collegato per la prima volta le organizzazioni criminali al gioco d’azzardo legalizzato in Emilia Romagna. Adesso, Nicola Fermia è detenuto in carcere, ma i figli continuano a orbitare in questo giro d’affari e ad assistere alle fiere di settore. La dipendenze da gioco d’azzardo in Emilia Romagna hanno numeri pazzeschi”.

Le organizzazioni criminali utilizzano l’azzardo per riciclare il denaro, ma in che modo? Semplicemente giocandoselo alle slot, ma specialmente alle video lotterie, nelle quali la probabilità di vincere non può risultare inferiore all’85% per legge, ma solo ad un certo un certo numero di scommesse.

Secondo Massimo Manzoli, un altro componente e consigliere comunale a Ravenna, esiste un altro metodo scovato con Black Monkey: costruire le slot con schede elettroniche falsate, non collegate ai Monopoli, in maniera da riscuotere il 100%, meno la somma (parte che si lascia al barista). Per Marco Dotti, professore universitario e co-creatore del movimento No Slot, un parte del problema è evidente anche all’unità investigazione alla Banca d’Italia, che da tempo denuncia la faccenda sulle video lotterie, ma si sospetta che si solo un elemento secondario.

Katia Di Luna

Giornalista freelance

 

 

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