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Tar Lombardia respinge domanda incidentale di sospensione contro limiti orari al gioco di Desio (Mb) ricordando intesa in Conferenza unificata del 2017.

Il Tar Lombardia ha respinto la domanda incidentale di sospensione avanzata da un esercente contro il Comune di Desio (Mb) per l’annullamento della “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro”emanata a novembre 2018 (e poi rettificata il mese successivo), nonché del “Regolamento comunale per le sale giochi e l’installazione di apparecchi da gioco” del 2011. Nella sentenza dei giudici amministrativi è invocata anche l’intesa in Conferenza unificata
Stato – Regioni – Autonomie locali del 2017. Nel testo si legge: “La disciplina quivi censurata si colloca, peraltro, nell’alveo di una prassi amministrativa già seguita da numerosi enti locali, in ossequio alla intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata Stato – Regioni – Autonomie locali in data 7 settembre 2017. All’esito della sommaria deliberazione che tipicamente connota la sede interinale, non appaiono prima facie ravvisabili i presupposti per la concessione della invocata tutela cautelare, atteso che: costituisce dato ricevuto quello in virtù del quale la potestas attribuita al sindaco dall’art. 50, comma 7, d.lgs. 267/2000, a fini di tutela della salute e della quiete pubblica, legittima la adozione di provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da giuoco; nella fattispecie, tenuto conto anche dei dati relativi alla diffusione del gioco d’azzardo nell’ambito territoriale del Comune di Desio, la limitazione oraria contemplata nei gravati provvedimenti– complessivamente pari a 6 ore, equamente ripartite nei diversi segmenti della giornata – non appare avere operato una irragionevole compressione della libertà di impresa della ricorrente; il contemperamento in tal guisa effettuato tra gli interessi economici ed imprenditoriali di essa ricorrente e le pregnanti esigenze pubblicistiche di prevenire e contrastare fenomeni patologici connessi al gioco compulsivo – idonei a vulnerare la salute individuale e pubblica– non appare aver violato il principio di proporzionalità”, dicono ancora i giudici.  “In ogni caso, nella comparazione degli interessi coinvolti, appare allo stato preminente quello presidiato dalle gravate ordinanze rispetto al vulnus, di matrice meramente economica, paventato dalla società ricorrente”.

La Redazione

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