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Bologna – Nel 2016 emiliani e romagnoli hanno speso 6234 euro per giocare ad azzardo. Come riporta Bologna Today, tali dati sono stati diffusi dal Libro dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dall’Ordine degli psicologi, che non include la percentuale sul web. Circa 1400 sono i soggetti seguiti da centri per la cura dalla dipendenza dal gioco d’azzardo: nel 2016 sono stati 1382, una crescita consistente se messa a confronto con i 512 soggetti trattati nel 2010.

L’Ordine degli psicologi ha redatto in una nota: “Il fenomeno del gioco in rete è sempre più diffuso e può essere gravemente rischioso proprio perché eseguito nell’isolamento della propria abitazione, nella quale la sala da gioco è sempre a disposizione. In tale circostanza, quindi, aumenta il pericolo che il gioco d’azzardo diventi una mania sempre più frequente”. Insomma, la ludopatia è a tutti gli effetti una tipologia di dipendenza, che può colpire facilmente i soggetti vulnerabili, come adolescenti, anziani e persone in difficoltà finanziarie, psicologiche e emotive.

Gli studiosi hanno confermato che, come per le altre dipendenze, c’è la possibilità di curarsi, ricorrendo ad un gruppo di esperti costituito da psicologi, medici, assistenti sociali, infermieri ed educatori.

“Sensazioni di vuoto, di disorientamento, come ad esempio lutti, abbandoni e perdita di impiego posso sviluppare una dipendenza in quanto il soggetto può cercare di compensare il proprio dolore andando alla ricerca di emozioni forti che trova rifugiandosi nel gioco d’azzardo. Seppure i giocatori patologici siano inclini a giocare per attenuare stati disagio psicologico spesso precedenti alla ludopatia” hanno dichiarato gli esperti. Inoltre, secondo gli studiosi il riconoscimento delle cause può essere un mezzo rilevante per risolvere la problematica: sensazioni di fragilità, sfiducia, ansia e depressione provenienti da problemi personali o relazionali possono essere l’origine del disturbo ludopatico.

Come nella cura delle altre tipologie di dipendenza, è possibile interpellare il coinvolgimento della coppia o della famiglia: i rapporti funzionano da protezione per il paziente in terapia che si sente supportato in un momento piuttosto difficile da un punto psicologico.

Katia Di Luna

Giornalista freelance

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