Danni per l’Erario e i concessionari autorizzati, meno tutele contro il gioco patologico, rischio di un lungo contenzioso giudiziario. Infine, vantaggio per gli operatori non autorizzati.
Sono alcune delle possibili ricadute – secondo l’avvocato Giulio Coraggio, di Dla Piper Italia (studio che rappresenta alcuni dei più noti marchi online internazionali), intervistato da Agipronews sul tema dell’entrata in vigore del Decreto Dignità.
Il provvedimento – che sarà discusso nei prossimi giorni in Consiglio dei Ministri – prevede il divieto immediato per la pubblicità dei giochi, di qualunque forma e su qualsiasi mezzo, e, a partire dal 2019, anche lo stop alle sponsorizzazioni.
Questo il contenuto dell’interessante intervista.
Agipronews – Quanto incide il Decreto Dignità sul business dei giochi?
Coraggio – «Inciderebbe in modo considerevole, soprattutto per le società di gioco online. Se la portata del divieto fosse confermata, renderebbe impossibile agli operatori di gioco a distanza di comunicare al pubblico la propria attività di gioco. Mancherebbe la possibilità di far conoscere i propri prodotti, visto che la commercializzazione dei giochi online deve avvenire solo tramite canali di comunicazione online. Da questo punto di vista il provvedimento sarebbe più stringente perfino del divieto imposto alla pubblicità dei prodotti del tabacco, che sono chiaramente visibili nei negozi dove possono essere acquistati».
Le disposizioni del decreto sono conformi alla normativa esistente?
«Gli operatori di gioco a distanza detengono una concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che consente l’attività, ma obbliga anche a una serie di adempimenti, perché l’offerta di giochi va proposta sulla base di livelli di servizio molto stringenti. La concessione, inoltre, viene pagata con un importo iniziale oltre al versamento annuale di un canone, in aggiunta alle imposte sui giochi. Il divieto di pubblicità altererebbe un elemento essenziale dei termini della concessione, almeno per come era prevista dal bando, e renderebbe impossibile lo svolgimento dell’attività. Lo Stato, in realtà, ha già introdotto norme a tutela dei giocatori, sia con il sistema delle concessioni che con le limitazioni già in vigore per la pubblicità di giochi. Il divieto totale equivarrebbe a un totale divieto dell’offerta di gioco, che andrebbe ben oltre le possibili limitazioni alla libertà di impresa consentite dall’articolo 41 della Costituzione. Lo Stato avrebbe prima consentito l’offerta di gioco e, in pendenza delle concessioni, l’avrebbe vietata, senza prevedere alcuna eccezione per le concessioni già in vigore od oggetto di bandi già pubblicati, ma anzi mantenendo i termini della convenzione di concessione che al contrario obbligano i concessionari ad offrire i giochi».
Cosa accadrebbe, dunque?
«Si tratta di una situazione che andrebbe a vantaggio delle società straniere prive di concessione: il divieto di pubblicità imposto agli operatori autorizzati darebbe il via libera per quelli che invece non hanno vincoli e potrebbero continuare a offrire giochi e a proporre pubblicità, viste le difficoltà di eseguire contestazioni all’estero. Tutto questo, ovviamente, senza pagare alcuna imposta allo Stato e con l’ulteriore beffa che gli italiani sarebbero comunque esposti a forme di pubblicità, ma incontrollate. Senza contare il danno per le casse dello Stato e per le società concessionarie. Infine, mi chiedo quale sia la copertura finanziaria di questa norma. Il divieto di pubblicità del gioco comporterà inevitabilmente una riduzione delle entrate dello Stato – parliamo di circa 10 miliardi all’anno – perché il calo dell’attività inciderà su imposte e canoni di concessione. A questo si aggiungerebbe il danno per tutte le imprese della filiera e le società che si occupano di pubblicità, ma il rischio di gioco patologico non diminuirebbe».
Che futuro per gli aspiranti concessionari online: come promuoveranno l’avvio del loro business italiano?
«Certamente questa proposta non rappresenta una forma di pubblicità positiva per il nostro Paese e per le società che vi vogliono investire. A mio giudizio, se la proposta sarà adottata, si aprirà un periodo di notevoli battaglie legali. Le società che pochi mesi fa hanno partecipato al bando per le concessioni di gioco online – e che non possono chiedere di essere escluse dalla procedura, perché vietato dai termini del bando – si troverebbero in una sorta di “limbo” con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli obbligata a chiedere il pagamento della concessione in un quadro giuridico notevolmente diverso da quello nel quale il bando è stato pubblicato».
Quali strade legali si aprono ora per bloccare il decreto in Italia e in UE?
«Attendiamo di leggere la versione finale del decreto. La versione attuale potrebbe portare a contenziosi che saranno rinviati con molta probabilità alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia europea. Resta in ogni caso il rischio che i concessionari possano subire notevoli danni economici che si tradurranno in contenziosi milionari contro lo Stato. L’auspicio è che non si adottino divieti “alla cieca” e ci si renda conto che l’attuale normativa sulla pubblicità dei giochi è già tra le più stringenti a livello mondiale. Il settore del gioco è parte dell’economia di tutti i Paesi a livello mondiale e questi divieti porteranno solo all’aumento del gioco illegale con rischi maggiori per i cittadini».
Antonio Bargelloni