Dopo la partita di andata degli ottavi di Champions con l’Atalanta, tenutasi a Milano il 19 febbraio, il Valencia ha fatto sapere che il 35% del gruppo (non solo calciatori, ma anche membri dello staff) è risultato positivo al test del coronavirus.
“Nonostante le rigide misure adottate dal club — è scritto in una nota del Valencia — dopo aver giocato una partita di Champions League a Milano, un’area confermata ad alto rischio dalle autorità italiane giorni dopo, gli ultimi risultati mostrano che l’esposizione legata alle partite ha causato circa il 35% dei casi positivi. Sono tutti casi asintomatici e tutti i contagiati si trovano nei propri domicili con monitoraggio medico e misure di isolamento, e realizzano con tranquillità il piano di lavoro preparato per loro” (https://www.corriere.it/sport/20_marzo_17/coronavirus-caso-valencia-da-noi-35-cento-contagiati-la-partita-milano-l-atalanta-4bee130e-6823-11ea-9725-c592292e4a85.shtml). Quello che più preoccupa tuttavia è che il Valencia, dopo la partita con l’Atalanta, è andato a giocare a San Sebastian, ha giocato in casa col Betis, ha viaggiato a Vitoria, città con un alto numero di contagi, e poi ha affrontato di nuovo l’Atalanta a porte chiuse al Mestalla.
I calciatori positivi al Covid-19 così aumentano. Nei giorni scorsi il club spagnolo aveva ufficializzato i nomi di Garay, Gaya e Mangala, del dottor Aliaga e del team manager Camarasa. Ora ci sono altri nove casi, anche se non sono più stati fatti i nomi.
La Redazione