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Tar Lazio rigetta domande risarcitorie di vecchi concessionari

“I ‘vecchi’ concessionari hanno goduto di un mercato ristretto per lungo tempo, pur in una situazione di incompatibilità comunitaria, con la conseguenza che il lamentato danno è stato ampiamente compensato dalla possibilità di sfruttare una situazione di privilegio rispetto all’intervenuto (ma non attuato sino al 2006) quadro di liberalizzazione del settore”. Così il Tar Lazio ha rigettato le domande risarcitorie avanzate da alcune agenzie di scommesse ippiche già concessionarie dopo il bando ‘Bersani’ del 2006. I giudici amministrativi ricordano nella sentenza che “l’intervento è stato  dettato al fine di rendere conforme la normativa interna a quella europea nonché ad allinearla al principio della libera concorrenza.
Il che significa che trattasi di intervento normativo imposto e che dunque l’assetto di mercato è stato innovato in forza di un’imposizione legislativa e non già per effetto di provvedimenti amministrativi.
Con la conseguenza che i bandi gravati sono stati emanati in esecuzione di una norma specifica di legge, talché è essa eventualmente ad essere lesiva degli interessi degli istanti.
In secondo luogo deve essere chiarito come l’attività regolamentare di competenza  dell’amministrazione ex art. 38 comma 1 ‘Decreto Bersani’, la cui omissione lamenta oggi parte istante, non sembra avere carattere prodromico rispetto alla emanazione dei bandi.
Si aggiunga altresì il carattere immanente della straordinaria necessità ed urgenza del Dl n. 223/2006, il quale ha, a suo fondamento, tre linee direttrici: quella di rafforzare la libera scelta dei consumatori, quella di conformare il mercato alla regola della libera concorrenza  nonché quella di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale.
In sostanza, da una lettura corretta dell’art. 38, emerge come l’amministrazione dovesse  immediatamente bandire le gare, mentre i regolamenti potevano intervenire anche successivamente.
Circa poi la mancata adozione delle ‘misure di salvaguardia’, oggetto di specifica doglianza da parte delle odierne ricorrenti, va innanzitutto osservato come la relativa previsione, non fondi un obbligazione specifica in capo all’amministrazione nei termini di una obbligazione di risultato, bensì, più semplicemente prescriva un’obbligazione di mezzi in capo alla Pa, la quale, nel nuovo assetto di mercato venutosi a creare per effetto della liberalizzazione, doveva adoperarsi per tutelare il più possibili la posizione dei concessionari ‘storici’, nei limiti che la complessa e articolata situazione consentiva.In tal senso deve essere intesa l’espressione contenuta al comma 4 lett. l) del prefato articolo.
Va del resto ricordato come la medesima Sezione abbia ritenuto che la mancata fissazione delle ‘misure di salvaguardia’ sia dipesa dalla peculiarissima complessità della situazione generale  delle scommesse, come emersa anche a seguito dell’esperimento di apposita conferenza di servizi; inferendo da ciò l’illegittimità dei provvedimenti con cui è stata irragionevolmente richiesta l’esazione dei minimi garantiti con una riduzione secca del 5 percento , giusta previsione di cui all’art. 10 comma 5 DL n. 16/2012, dichiarato sul punto costituzionalmente illegittimo 
dalla sentenza n. 275/2013 (v. Tar Lazio n. 7588/2017).
La Sezione ha altresì ritenuto che la mancata fissazione delle ‘misure di salvaguardia’ abbia altresì reso inapplicabile il DI del 10 ottobre 2003, il quale aveva stabilito il metodo di calcolo per individuare il cd. minimo garantito (Tar n. 8520/2011).
Dal che si inferisce che, da una parte, l’adozione delle ‘misure di salvaguardia’ si atteggiava quale condotta doverosa ma non vincolata nel risultato (e comunque valutabile secondo il canone di cui all’art. 1176 c.c.), per altro verso, la tutela dei concessionari ‘storici’ è stata comunque garantita nei termini e nei limiti di quanto sopra esposto, vale a dire per mezzo di un prolungamento delle concessioni originarie pressochè automatico e pur in assenza di una verifica preventiva dei requisiti e delle garanzie, nonché per mezzo di una riparametrazione dei minimi garantiti, non più quantificati secondo i pregressi criteri previsti ante liberalizzazione”. 

La Redazione

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