“E’ auspicabile un’agenzia sul modello del vecchio statuto Unire, o sul modello del Coni. Un ente che abbia la sua propria struttura dirigenziale, lasciando magari la vigilanza di competenza al Mipaaf”. E’ quanto si augura Attilio D’Alesio, presidente del Coordinamento ippodromi intervenendo nell’audizione all’Ufficio di presidenza della commissione Agricoltura e produzione agroalimentare del Senato per l’esame del Disegno di legge per l’Istituzione dell’Agenzia autonoma per l’ippica e disposizioni per la riforma del settore. “Fino al 2013 l’ippica italiana era gestita dall’Unire, organismo creato nel 1936 insieme al Coni”. Cancellato l’Unire la gestione è passata al ministero dell’Agricoltura, spiega D’Alesio, “creando moltissimi problemi dal punto di vista gestionale. In questi giorni con il decreto Ristori ter è stata istituita la direzione all’ippica, passo molto importante, ma c’è da fare molto di più. L’idea di costituire un’agenzia simile all’Unire è una decisione molto opportuna e urgente”. E tocca poi il tema del sostentamento economico della nuova Agenzia spiegando che “l’ippica fino al 1998 viveva delle scommesse. Fino al 1998 in Italia c’erano solo le scommesse sui cavalli, e poi il Totocalcio. Da allora tutto è stato passato ad Adm ed oggi il settore dell’ippica continua a vivere solo grazie alla Legge Zaia”. Dunque “è auspicabile un’agenzia sul modello del vecchio statuto Unire, o sul modello del Coni. Un ente che abbia la sua propria struttura dirigenziale, lasciando magari la vigilanza di competenza al Mipaaf. Pensare che il Mipaaf possa gestire questo settore è impensabile, il personale del Mipaaf è dedicato a molti altri settori produttivi, l’ippica diventerebbe l’ultimo dei problemi e sarebbe destinata a morire”. Ricorda ancora D’Alesio che in Italia esistono attualmente 36 ippodromi distribuiti in 35 città, e che “di questi, 22 o 23 ippodromi sono di proprietà dei Comuni, quindi il coinvolgimento dell’Anci (l’Associazione nazionale dei comuni italiani) è fondamentale per il rilancio del settore”. E invita a “riflettere su cosa è l’ippica, ossia uno sport che un tempo era anche alle Olimpiadi. Come sport va rilanciato, anche perché ci sono migliaia di operatori impegnati a tutti i livelli. E questo Ddl mi sembra vada in questa direzione”. “L’ippica non può pensare di vivere solo con i proventi delle scommesse ippiche“, chiosa il presidente del Coordinamento ippodromi, “basterebbe stabilire una piccolissima percentuale su tutte le scommesse che si giocano in Italia e destinarla all’ippica. Sarebbe la soluzione, a mio modo di vedere, migliore”. Per tutti questi motivi sarebbe “necessaria una riforma dell’ippica prima della fine di questa legislatura”.
La Redazione