Si fa il punto della situazione sul distanziometro, misura adottata da alcune regioni italiane come lotta al gap. L’incontro a porte chiuse “Gli effetti del distanziometro e dei limiti orari” promosso da BVA-Doxa, ha coinvolto esponenti delle istituzioni ed esperti del settore per analizzare il problema da diversi punti di vista: quello giuridico, comportamentale e politico/sociale.
Opinione condivisa, e supportata dai risultati emersi dagli studi e ricerche dei diversi osservatori è la sostanziale inefficacia di strumenti quali distanziometro e limiti orari imposti come disincentivanti al gioco. Dai dati emersi, risulta che la maggior parte dei giocatori, di fronte all’ipotetica chiusura di un negozio di gioco, il più delle volte cerca un’alternativa, che sia un altro punto vendita o il gioco su internet. “L’alternativa che viene preferita è quella di ‘spostarsi su un altro bar/sala/tabaccheria (65%) – spiega Sonia Biondi, responsabile della sede di Roma di BVA-Doxa ed esperta del settore in quanto da anni impegnata nell’analisi e lo studio dei comportamenti del giocatore, come riporta adnkronos – tale soluzione si rivela pienamente in linea con le abitudini dei giocatori che, nonostante siano piuttosto legati ad un luogo specifico – si trovano spesso ad avere delle locations alternative (per esempio nelle vicinanze del lavoro oppure limitrofe a casa) nelle quali saltuariamente si recano anche se non sono quelle preferite. O, ancora, in caso di chiusura del punto vendita passano a giocare on line, spinti prevalentemente da quelle caratteristiche di immediatezza ed accessibilità che la fruizione on line mette a disposizione dei suoi utenti (29%).”
Maggior rispetto. E’ quello che chiedono i giocatori intervistati i quali: “dichiarano infatti di essere stanchi di questa continua stigmatizzazione, e accostamento a quella percentuale minore di persone problematiche, in cui non si riconoscono e con la quale non vogliono essere confusi. Il gioco è evasione, passatempo, diversivo, ed anche un momento sociale, ed è secondo loro questa parte positiva che andrebbe evidenziata e divulgata per educare al vero gioco responsabile” spiega ancora Sonia Biondi. A rincarare la dose su questo particolare aspetto è Luciano Monti, direttore scientifico della Fondazione Bruno Visentini e professore della Luiss: “mettere al bando il gioco legale con una misura protezionista tale da stringere e costringere i giocatori problematici e patologici ai confini delle città, non suona come una politica sociale. la più concreta arma contro il gioco patologico non consiste nel nascondere il fenomeno nelle periferie ma, innanzitutto, potenziare gli investimenti nell’educazione e cultura nelle scuole e nella prevenzione e assistenza da parte dei SerD. Con ciò si intende anche avere uno sguardo lungimirante al futuro, in cui sarà sempre più ampio il mercato del gioco online, che, per ovvia natura, sfugge a provvedimenti di carattere fisico”.
La Redazione