Sono ben 91 gli arresti dell’immensa operazione di questa notte coordinata dal procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Amelia Luise, Dario Scaletta e Roberto Tartaglia (oggi, vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). Un’operazione che ha coinvolto Palermo e Milano. Nel capoluogo siculo stavano i fedelissimi del clan dell’Acquasanta, la zona ovest della città: gestivano estorsioni, controllavano le gare all’interno di alcuni ippodromi, e si erano anche infiltrati in una cooperativa che lavora ai Cantieri navali del capoluogo siciliano. Nel capoluogo lombardo, stavano invece i registi dell’operazione: i fratelli Fontana, i figli di don Stefano, uno dei fedelissimi del capo dei capi Totò Riina morto nel 2013. In manette anche la figlia e la moglie del boss dell’Acquasanta. Gli inquirenti parlano di una vera e propria delocalizzazione al nord che la “famiglia” ha realizzato grazie ad una rete di complici e ai patrimoni accumulati. In Lombardia stavano anche gli insospettabili che gestivano l’ultimo investimento della cosca, la commercializzazione di cialde e capsule di caffè. Un vero affare: prima, con alcune aziende che si occupavano della produzione, poi la cosca aveva scelto di investire solo sulla distribuzione. Sono tre le società sequestrate: due a Milano, una Palermo. Una amministrata ufficialmente dall’ex concorrente del Grande fratello. Gli investigatori del nucleo speciale di polizia valutaria, diretti dal tenente colonnello Saverio Angiulli, hanno ricostruito i passaggi di denaro e i nuovi investimenti che stavano per partire. “Cosa nostra spa” non conosce crisi, i Fontana e i loro insospettabili manager avevano a disposizione una grande riserva di liquidità. Con gli arresti sono scattati anche sequestri di società e immobili per 15 milioni di euro. A Palermo, i Fontana puntavano invece su un fidatissimo: Giovanni Ferrante che aveva finito di scontare una condanna per mafia nel 2016. La sua grande passione erano i purosangue, da far correre nei circuiti italiani: ne aveva comprato dodici, che adesso sono stati sequestrati. Ferrante li faceva correre a modo suo naturalmente. Ovvero, aggiustando le gare. Vecchia passione dei padrini: nel 2018 il prefetto di Palermo Antonella De Miro aveva fatto scattare un’interdittiva antimafia per la società che gestiva l’ippodromo della Favorita (http://cifonenews.comma3.com/palermo-le-mani-della-mafia-sullippodromo-nove-arresti/)
Nell’operazione sono stati impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta.
La Redazione